Il 2025 potrebbe segnare un nuovo record per le emissioni di cosiddetti “Panda bond”. Queste valevano 194,8 miliardi di yuan (27,4 miliardi di dollari) nel 2024 e nei primi 9 mesi di quest’anno si aggiravano già intorno ai 140 miliardi. Un trend tutto in crescita, che segnala diverse cose a proposito dell’economia mondiale.
Panda bond, cosa sono
Per prima cosa, dobbiamo spiegare cosa sono i Panda bond. Si tratta di obbligazioni emesse in Cina e denominate in yuan da parte di entità straniere, siano esse private o sovrane. Una loro variante sono i “dim sum”, che si differenziano per il fatto di essere emessi fuori dalla Cina, principalmente a Hong Kong.
Crescono le emissioni nel mondo
Il boom dei Panda bond svela l’aumento del numero degli emittenti nel mondo. Tra questi anche stati europei come Polonia, Portogallo, Slovenia e Ungheria. Quando l’Italia aderì alla cosiddetta “Via della Seta“ (“Belt and Road Initiative”) nel 2019, aveva immaginato di emettere un BTp in yuan. Non se ne sarebbe fatto nulla, anche perché dal 2022 con l’arrivo a Palazzo Chigi di Giorgia Meloni c’è stato un cambio di rotta in tal senso con il mancato rinnovo della partnership alla scadenza dei cinque anni.
Tra le grandi economie emergenti ad avere fatto ricorso ai Panda bond ci sono state di recente Indonesia ed Egitto. Giacarta ha emesso appena poche settimane fa 6 miliardi di yuan (circa 842 milioni di dollari) attraverso due tranche. Quella a 5 anni ha spuntato un interesse del 2,5% e quella a 10 anni del 2,9%. Tassi ben inferiori a quelli offerti nella valuta domestica. Il Cairo si rifinanziò in valuta cinese nell’ottobre di due anni fa per 3,5 miliardi e attraverso una scadenza a 3 anni.
Spuntò un interesse del 3,5% contro il 19% del proprio rendimento triennale.
Rendimenti cinesi molto bassi
A cosa si deve questo accresciuto interesse verso i Panda bond? I rendimenti cinesi sono bassissimi. Pensate che la scadenza a 30 anni offre poco più del 2% e quella a 10 anni appena l’1,80%. A differenza della gran parte delle economie avanzate, la Cina sta lottando contro la deflazione. Questo ha indebolito il suo tasso di cambio contro il dollaro nei mesi scorsi, ma dall’annuncio dei dazi americani in aprile lo yuan ha guadagnato il 3,3% nei confronti del biglietto verde.
I Panda bond consentono, quindi, agli emittenti stranieri di pagare minori interessi rispetto a quelli che si sobbarcherebbero non solo indebitandosi nelle rispettive valute, ma oggi come oggi anche in dollari. Tuttavia, il rischio di cambio è dietro l’angolo. Prendete proprio l’Egitto, che dall’emissione di due anni fa ad oggi ha visto deprezzare la lira del 35% contro lo yuan. Per il suo governo significa che il costo delle cedole e del capitale da rimborsare alla scadenza risulterà molto maggiore del valore ricevuto con l’emissione.
Sfida al dollaro
Le emissioni in yuan consentono ai debitori anche di differenziare e ampliare la base degli investitori. Riducono anche la dipendenza dalla finanza “dollaro-centrica”.
E questo è un fattore che sta diventando, se non preponderante, certamente più importante all’infuori dell’Occidente. Gli stati e anche i soggetti privati temono di finire prima o poi nel mirino degli Stati Uniti e dei loro alleati nel caso di tensioni geopolitiche. Le sanzioni contro le riserve russe hanno impressionato parecchio per la loro portata senza precedenti.
La Cina vuole sfruttare questo clima di crescente avversione al dollaro per internazionalizzare lo yuan. I Panda bond le consentono di accrescere l’uso della propria valuta sui mercati internazionali. D’altra parte, la sfida al dollaro di strada ne dovrà percorrere tantissima per diventare credibile. A fronte di un’incidenza del 56,3%, lo yuan pesava ancora per appena il 2,1% delle riserve valutarie globali al termine del secondo trimestre di quest’anno. Sterlina, yen e dollaro canadese pesavano di più e il dollaro australiano tanto quanto, sebbene rispecchino economie molto più piccole di quella cinese.
Panda bond da soli allo yuan non bastano
Lo yuan continua a restare sotto-pesato sui mercati per la sua parziale convertibilità e la scarsa mobilità dei capitali in Cina. I Panda bond non mutano granché la sostanza. Per quanto in spolvero negli ultimi anni, il loro valore assoluto resta contenuto. Un altro limite è dato dal fatto che gran parte degli emittenti provengono dai mercati emergenti e non possono rinunciare agli abbondanti capitali in dollari per finanziarsi.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
