Dal 2000 il tuo quotidiano indipendente su Economia, Mercati, Fisco e Pensioni
Oggi: 05 Dic, 2025

Cartelle esattoriali: ecco quando arriva il blocco del conto corrente per 60 giorni

Come funziona il pignoramento del conto corrente in presenza di cartelle esattoriali e quando il conto corrente viene bloccato per 60 giorni.
1 mese fa
2 minuti di lettura
cartelle esattoriali
© Licenza Creative Commons

Aderire alla rottamazione delle cartelle esattoriali o chiedere la rateizzazione ordinaria sono le soluzioni da adottare se le cartelle a proprio carico non si riescono a pagare. Su questo pochi dubbi perché le conseguenze del perdurare dell’inadempienza da parte di un contribuente sono pericolose. Fermi amministrativi dei veicoli che di fatto impediscono di usare la propria auto. E poi, ipoteche sui beni immobili, pignoramenti dello stipendio e delle pensioni. Ma anche blocchi e pignoramenti dei conti correnti. Ed è proprio sui conti correnti bloccati per via di una cartella esattoriale che arriva una novità dalla Corte di Cassazione.

Cartelle esattoriali: ecco quando arriva il blocco del conto corrente per 60 giorni

Con la sentenza 28520 del 2025 gli ermellini della Suprema Corte di Cassazione hanno chiarito alcuni aspetti del blocco del conto corrente.

Che per 60 giorni può essere di fatto congelato dall’Istituto di Credito del debitore con l’Agenzia delle Entrate Riscossione per delle cartelle esattoriali. Diventano più rigide e severe le regole da questo punto di vista.

Perché anche un conto vuoto viene bloccato e di fatto inutilizzabile dal momento che ogni cifra che arriverà sullo stesso conto durante il periodo di blocco, verrà in pratica “presa in ostaggio” e trattenuta. Tutto in attesa che la situazione con il debito da cui scaturisce tutta la problematica, venga chiarita.

Sentenza della Cassazione avvalora il meccanismo che congela per 60 giorni il conto corrente in caso di cartelle esattoriali

La sentenza prima citata della Cassazione è recente, perché è stata depositata il 27 ottobre scorso. E di fatto produce l’ok della Cassazione alla procedura di pignoramento diretto del conto corrente.

Perché il pignoramento non è altro che l’azione con cui il creditore, in questo caso l’Agenzia delle Entrate Riscossione ordina ad un soggetto terzo, in questo caso la banca, di trattenere tutte le cifre che arrivano su quel conto corrente di un debitore.

E quando un contribuente non paga le cartelle esattoriali, il pignoramento del conto corrente non è una cosa rara. Il meccanismo è semplice. L’Agenzia delle Entrate Riscossione non fa altro che inviare alla banca e al contribuente la stessa comunicazione che non è altro che l’intimazione di pagare l’ammontare del debito e delle cartelle entro i 60 giorni successivi all’avvenuta notifica della medesima comunicazione.

Se nel conto corrente ci sono i soldi a soddisfazione del credito vantato dal Concessionario alla Riscossione non ci sono problemi. Tutto finisce con la banca che versa i soldi del pignoramento al “braccio armato del Fisco Italiano”. Il conto non viene bloccato.

Ecco cosa succede in presenza di debiti con il conto corrente in rosso o quasi

Diverso invece il caso in cui i fondi sul conto corrente non sono sufficienti o perché ci sono pochi euro o perché il debito delle cartelle esattoriali è elevato. In questo caso arrivano guai seri. Perché il conto di fatto diventa inutilizzabile per 60 giorni, cioè per il tempo dato al contribuente per pagare (e naturalmente per mettere provviste sul conto corrente).

In altri termini, se sul conto ci sono 10 euro ed il debito è di 1.200 euro, il conto resta congelato e i fondi non possono essere minimamente mossi dal contribuente, nemmeno quelli che arrivano dopo la data di notifica dell’intimazione di pagamento. La banca non fa altro che custodire tutto ciò che arriva sul conto, fino alla fine di questa procedura di recupero crediti.

E se la procedura può far storcere il naso a qualcuno, adesso arriva la conferma non solo normativa, ma anche giudiziaria. Perché con la sentenza della Cassazione prima citata, gli ermellini hanno stabilito che il concessionario alla riscossione ed in generale il Fisco italiano hanno pieno diritto di applicare questo particolare quanto rigido meccanismo.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

pensione
Articolo precedente

Pensione oggi e domani: strategie pratiche per un assegno più alto

pensioni minime con 136 euro in più.
Articolo seguente

Pensione a 64 anni e a 67 anni: più alta la pensione minima prima si esce