E’ scontro nell’Unione Europea sul piano messo a punto dal cancelliere Friedrich Merz e che sarà presentato al G7 per espropriare legalmente le riserve russe. Il Belgio si dice contrario con il suo primo ministro Bart de Wever. Francia e Italia, dopo avere nicchiato per anni, sarebbero pronte ad appoggiare Berlino in quello che sembra un piano ad alto rischio sul piano reputazionale per l’Europa.
Riserve russe congelate con guerra all’Ucraina
Quando il Cremlino fece occupare l’Ucraina nel febbraio del 2022, l’Occidente reagì con sanzioni finanziarie senza precedenti. Tra queste spiccò il “congelamento” delle riserve valutarie russe che si trovavano investite principalmente in Europa e Nord America.
Qualcosa come 300 miliardi di dollari, per due terzi (207 miliardi) denominati in euro, 67 miliardi in dollari USA, 37 miliardi in sterline, 36 miliardi in yen, 19 miliardi in dollari canadesi, ecc.
Tale ammontare fu di quasi la metà rispetto agli oltre 640 miliardi di dollari delle riserve russe del tempo. Ad agosto, risultavano salite al record storico di 689 miliardi. Il dato comprende sempre la quota “congelata”, in quanto ancora formalmente di proprietà di Mosca. Dall’inizio della guerra, l’Europa si è limitata ad utilizzare solamente i redditi generati da tali riserve. Ha temuto e continua a temere di infrangere altrimenti le leggi internazionali.
Belgio contrario al piano Merz
La Germania ha gettato il cuore oltre l’ostacolo. Merz vuole ad ogni costo mettere le mani sulla quota liquida delle riserve russe. Queste risultano depositate presso la stanza di compensazione Euroclear con sede in Belgio per 170 miliardi di euro. La parte effettivamente disponibile sin da subito ammonterebbe a 140 miliardi. L’idea del cancelliere per superare gli ostacoli di natura legale sarebbe complessa.
A rate da 25-30 miliardi tale liquidità verrebbe trasferita all’Ucraina sotto forma di prestito senza interessi. Il rimborso avverrebbe con le spese di riparazione che un giorno la Russia dovrebbe pagare a Kiev (campa cavallo!).
Affinché le riserve russe non vengano considerate ufficialmente “espropriate”, esse sarebbero convertite in un bond a favore di Mosca, anche se formalmente indisponibile e senza interessi. Quanto alla sua durata, sarebbe lunga o comunque con rinnovo automatico ad ogni scadenza. Tralasciamo gli aspetti tecnici, tutt’altro che inappuntabili. Il nocciolo della questione rimane lo stesso. Espropriare nei fatti le riserve russe può servire nel breve a finanziare il sostegno militare all’Ucraina. Alla lunga, però, metterebbe in fuga i capitali stranieri dall’Europa.
Euro vera vittima dell’esproprio
Come correttamente osserva de Wever, c’è il rischio che all’estero avvertano il sentore che le proprie riserve possano prima o poi essere espropriate. Scatterebbe la cosa delle banche centrali a ritirarle dal nostro continente. Ci ritroveremmo indeboliti sul piano finanziario. Nel concreto, minore domanda di titoli di stato e altri asset europei. Per noi equivarrebbe a sostenere un costo più alto per rifinanziarci. Per non parlare della fine del sogno di rendere l’euro una valuta di riserva mondiale a fianco al dollaro.
Il Belgio, poi, teme di dover mettere mano al portafogli in futuro e di uscire devastato dalla mossa.
Il piano Merz sembra più figlio della disperazione. Servono tanti soldi per sostenere l’Ucraina e l’esproprio delle riserve russe permetterebbe all’industria delle armi europea di ricevere un sostegno immediato senza emettere nuovi debiti. Perché il problema ruota tutto attorno a questo tema. L’Europa si è impegnata a destinare risorse ingenti per il riarmo. I rendimenti sovrani a lungo termine sono saliti, principalmente proprio in Germania. Il mercato non fa più credito alle stesse condizioni di prima. Un passo indietro dei governi sarebbe umiliante e inasprirebbe i rapporti già tesi con l’amministrazione Trump.
Riserve russe rischio reputazionale per l’Europa
Ecco che la soluzione sulle riserve russe all’apparenza accontenterebbe tutti. Soldi già esistenti da utilizzare subito senza che nessuno paghi. La verità è che l’Europa, così facendo, si condannerebbe ad essere percepita un’area del mondo inaffidabile. Gli Stati Uniti, che sono il nemico principale di potenze come Cina e Russia, paradossalmente risulterebbero più credibili. A Wall Street vige il motto sempiterno “pecunia non olet”. Anch’essi hanno un grave problema con le sanzioni, ma Washington sta evitando l’azione estrema dell’esproprio, consapevole dei rischi reputazionali che comporta.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
