La pensione, soprattutto nel regime contributivo attuale, è calcolata interamente in base all’ammontare dei contributi versati.
Un calcolo piuttosto semplice da comprendere, valido anche per le pensioni 2026, ma che di fatto penalizza i contribuenti con carriere brevi o stipendi non elevati.
Tuttavia, con il passare degli anni, il trattamento per chi si trova in questa situazione — cioè chi percepisce una pensione bassa — tende ad aumentare. E il governo, quest’anno, sembra intenzionato a garantire qualcosa in più.
Ma quanto si prende di pensione nel 2026 con solo 20 anni di contributi o poco più? Ecco cosa accadrà da gennaio, secondo quanto si legge nel testo della legge di Bilancio approvato dal Consiglio dei Ministri e ora in discussione in Parlamento.
Quanto si prende di pensione nel 2026 con solo 20 anni di contributi? Il governo aiuta, ecco come
Il calcolo contributivo della pensione non favorisce importi elevati, anzi.
Meno si versa, meno si prende, sia in termini di anni di contribuzione sia in base all’entità dei versamenti.
Un reddito basso comporta infatti un versamento contributivo ridotto: nel lavoro dipendente, ad esempio, il 33% dello stipendio lordo confluisce nel montante contributivo, cioè la base su cui si calcola la pensione.
Il montante funziona come un salvadanaio in cui confluiscono, anno dopo anno, tutti i versamenti contributivi.
Ogni importo versato viene rivalutato annualmente in base al tasso d’inflazione fino alla data del pensionamento, che coincide con l’“apertura del salvadanaio”.
Alla fine, la somma dei contributi rivalutati viene moltiplicata per i coefficienti di trasformazione, che crescono con l’età: più tardi si va in pensione, più alto sarà l’importo.
Chiarito il meccanismo, la conclusione è inevitabile: sperare in una pensione ricca con soli 20 anni di contributi è un’illusione.
Il più delle volte si ottiene una pensione modesta, soprattutto se si lascia il lavoro ben prima dei 67 anni.
Il governo, nella nuova legge di Bilancio, ha previsto un aumento extra per le pensioni minime 2026, ma non tutti potranno beneficiarne.
Aumento pensioni 2026 da 20 euro al mese: le minime salgono, ma non per tutti
Chi percepisce una pensione inferiore al trattamento minimo riceve integrazioni e maggiorazioni per raggiungere la soglia stabilita dallo Stato.
La pensione minima, già potenziata nella scorsa manovra, riceverà nel 2026 un ulteriore incremento di 20 euro mensili.
Dopo l’aumento straordinario del 2025 (+2,2% oltre alla rivalutazione ordinaria), il nuovo adeguamento porterà l’importo vicino ai 635 euro al mese.
In pratica, chi — secondo il calcolo contributivo — avrebbe diritto a meno, nel 2026 riceverà almeno questa cifra, se rispetta i requisiti reddituali richiesti.
Ma attenzione: non tutti possono beneficiare della pensione minima.
Si tratta infatti di un’integrazione riservata a chi ha contributi accreditati prima del 1996, cioè alle pensioni calcolate con il metodo misto.
Per i cosiddetti “contributivi puri” — ossia chi ha iniziato a versare dopo il 31 dicembre 1995 — non è prevista alcuna integrazione al minimo.
Questo significa che, anche se percepissero importi molto bassi, non riceveranno alcun adeguamento: la loro pensione rimarrà quella determinata dai contributi effettivamente versati, indipendentemente da ciò che il governo decide per gli altri.
In sintesi, nel 2026 le pensioni minime aumenteranno, ma il beneficio sarà limitato a una parte dei pensionati, mentre i contributivi puri continueranno a scontare tutte le rigidità del sistema contributivo.