In settimana è arrivato un annuncio importante da Buenos Aires e che avrà un forte impatto sul cambio argentino: da gennaio, la banca centrale amplierà la banda di oscillazione contro il dollaro ad un ritmo pari all’ultimo dato mensile dell’inflazione. E incrementerà le riserve valutarie senza impattare possibilmente sul cambio stesso. Il mercato si aspettava la svolta dopo la grande vittoria del presidente Javier Milei alle elezioni per il rinnovo del Congresso.
Cambio argentino sopravvalutato
Per capire l’importanza che ha l’annuncio, dobbiamo tornare indietro alla fine del 2023. Il primo atto del nuovo governo fu la svalutazione del cambio argentino del 54%.
Esso era palesemente sopravvalutato e richiedeva un aggiustamento per allinearne il valore effettivo a quello di mercato. L’operazione, pur necessaria, fece esplodere l’inflazione. Proprio nel dicembre del 2023 saliva al 25,5% mensile. Da quel momento in avanti, il tasso di cambio venne mantenuto pressoché stabile e libero di deprezzarsi al ritmo mensile dell’1-2%.
Poiché nel frattempo l’inflazione correva, di fatto il cambio argentino in termini reali risultava essersi apprezzato. E questo da un lato ha contribuito a stabilizzare l’inflazione intorno al 2% mensile, dall’altro ha colpito pesantemente la competitività dell’economia. Tant’è che in primavera il Fondo Monetario Internazionale erogava nuovi aiuti allo stato sudamericano, ma pretendeva in cambio due cose: la ricostituzione progressiva delle riserve valutarie e la parziale liberalizzazione del cambio.
Banda di oscillazione da aprile
Dall’aprile scorso il cambio argentino si può muovere all’interno di una banda di oscillazione tra un minimo di 1.000 pesos e un massimo di 1.400 pesos per 1 dollaro.
Mensilmente, questi limiti vengono ampliati dell’1%. Ma l’inflazione è stata più alta dell’1% mensile negli ultimi mesi, in media del doppio. Quindi, il cambio ha continuato a rafforzarsi. E questo non è un bene per l’Argentina. Le importazioni nei primi 10 mesi di quest’anno sono esplose del 29% a 64,7 miliardi di dollari, mentre le esportazioni di appena l’8,1% a 71,5 miliardi. La bilancia commerciale resta positiva per un soffio (6,8 miliardi), mentre nello stesso periodo del 2024 era in attivo di circa 16 miliardi.
Con un cambio argentino così forte, stanno diminuendo tra l’altro i turisti. Al contrario, gli argentini trovano conveniente andare in vacanza all’estero. Un’altra conseguenza indesiderata riguarda gli investimenti esteri diretti, che tra gennaio e novembre sono risultati negativi (-1,52 miliardi di dollari) per la prima volta dal 2003. Poiché gli argentini stanno aumentando gli acquisti dall’estero, molte multinazionali stanno vendendo le loro attività in loco agli stessi imprenditori domestici.
Timori di Milei sull’inflazione
Il timore di Milei riguarda l’inflazione. Teme che se il cambio tornasse a deprezzarsi velocemente, i prezzi esploderebbero di nuovo. Da cui la decisione di rimuovere molto lentamente i controlli valutari. La banca centrale acquisterà dollari quando la domanda di pesos aumenta, così da non perturbare il mercato. Si stima che le sue riserve valutarie al netto di debiti e swap siano negative.
Ha fissato in limite del 5% giornaliero per gli acquisti di dollari rispetto ai volumi scambiati. Poiché questi si aggirano in media sui 400 milioni, ammonterebbero a 20 milioni per seduta. Le previsioni parlano di acquisti per 10 miliardi di dollari senza impattare sul cambio argentino.
Cambio argentino più flessibile necessario
Queste novità appaiono positive per il mercato. Un peso in linea con i fondamentali e l’accumulo di riserve restituiranno credibilità alla politica economica argentina. Gli investitori stranieri potranno tornare a comprare asset locali e a finanziare le emissioni internazionali del governo. Gli argentini stessi allenteranno la dipendenza dalle esportazioni e rilanceranno la produzione locale e le esportazioni. Senza un cambio argentino “fair”, il rischio è che si ricreino le condizioni che Milei ereditò al suo insediamento dopo decenni di peronismo e che il presidente liberale Mauricio Macri aveva mutato solo in parte e con eccessiva cautela da risultare inefficace.
Tra l’altro, un cambio argentino disallineato dai fondamentali tutela fino a un certo punto contro l’inflazione. I cittadini iniziano a rimpiazzarlo con il dollaro se notano che i prezzi in pesos non siano più credibili. E negli ultimi mesi questi sono tornati ad accelerare, a novembre persino su base annua per la prima volta da aprile dello scorso anno. E’ stato forse il segnale decisivo per convincere Milei alla svolta. L’attendismo può portare alla perdita di controllo della stabilità dei prezzi. Per il 2026 si stima un’inflazione tra il 20% e il 25%, che sarebbe anche la più bassa da oltre un decennio.


giuseppe.timpone@investireoggi.it