Allarme pensioni: la situazione si ribalta nel 2032!

Un passivo di circa 45 miliardi di euro entro il 2032 è l’ultimo allarme pensioni che preoccupa il futuro pensionistico degli italiani
5 mesi fa
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Aumento requisiti pensioni da 2027? Ecco perché si potrebbe iniziare dai 67,3 anni per la pensione di vecchiaia e poi oltre i 70 anni.
Foto © Investireoggi

L’allarme pensioni lanciato, qualche giorno fa da Roberto Ghiselli, Presidente del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, rappresenta una sfida cruciale per il futuro del sistema previdenziale italiano. Le soluzioni richiedono un approccio integrato che contempli riforme strutturali, incentivi alla natalità e all’occupazione giovanile, e una gestione più efficiente delle risorse. Solo attraverso un impegno congiunto e una visione a lungo termine sarà possibile garantire pensioni sostenibili e adeguate per le future generazioni.

Dichiarazioni che hanno suscitato non poca preoccupazione riguardo alla stabilità finanziaria dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale.

Le prospettive per i prossimi anni non sono incoraggianti: si prevede che si passi da un attivo di 23 miliardi a un passivo di 45 miliardi entro il 2032. Questa situazione critica è principalmente attribuibile a un fenomeno demografico noto come piramide rovesciata, caratterizzato da un calo delle nascite e un aumento dell’età media della popolazione.

Allarme pensione: la causa

La diminuzione della popolazione attiva e l’aumento del numero di pensionati rappresentano una combinazione devastante per il sistema previdenziale. Con meno persone che contribuiscono e più che ricevono benefici, l’INPS fatica a mantenere l’equilibrio. Questo squilibrio rende sempre più difficile garantire pensioni adeguate e sostenibili nel tempo.

In questo contesto di precarietà finanziaria, diventa arduo attuare la tanto discussa riforma delle pensioni, necessaria per superare la Legge Fornero. Uno dei punti cardine di questa riforma è la proposta della Lega di Matteo Salvini, che prevede l’introduzione di Quota 41 per tutti i lavoratori.

Questa misura permetterebbe di andare in pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età anagrafica, seguendo l’esempio già in vigore per alcune categorie di lavoratori precoci.

I costi di Quota 41

In questo contesto di allarma pensioni, implementare Quota 41, tuttavia, comporterebbe un notevole onere finanziario per lo Stato. Secondo le stime, il costo per il 2025 sarebbe di 5 miliardi di euro, per poi salire a 9 miliardi negli anni successivi.

Per mitigare questi costi, si è ipotizzato di introdurre penalizzazioni per i lavoratori, come il ricalcolo delle pensioni interamente con il sistema contributivo.

Questo potrebbe ridurre l’importo degli assegni pensionistici del 15%, scoraggiando molti lavoratori dal ritirarsi anticipatamente.

Attualmente, non ci sono le condizioni economiche per adottare Quota 41 per tutti. L’Italia, insieme alla Grecia, è tra i paesi che spendono di più per la previdenza, con un costo che sfiora il 16% del PIL. Questo dato evidenzia la difficoltà di sostenere ulteriori spese senza compromettere ulteriormente il bilancio pubblico.

Allarme pensioni: quali possibili soluzioni?

Per affrontare l’allarme pensioni, sarebbe essenziale adottare una strategia multifattoriale. Innanzitutto, necessario promuovere politiche che incentivino la natalità e favoriscano l’integrazione dei giovani nel mercato del lavoro. Inoltre, una gestione più efficiente delle risorse previdenziali e una revisione dei criteri di accesso alle pensioni potrebbero contribuire a migliorare la sostenibilità del sistema.

Un aumento delle nascite e una maggiore partecipazione dei giovani alla forza lavoro potrebbero riequilibrare la piramide demografica, incrementando il numero di contributori e riducendo il peso delle pensioni sul bilancio pubblico. Politiche fiscali favorevoli alle famiglie, insieme a programmi di formazione e inserimento professionale, sono passi cruciali in questa direzione.

Anche una gestione oculata delle risorse previdenziali potrebbe includere la riduzione degli sprechi e l’ottimizzazione dei processi amministrativi. L’adozione di tecnologie avanzate per la gestione dei dati e il monitoraggio delle spese potrebbero portare a significativi risparmi e a una maggiore trasparenza.
Infine, la revisione dei criteri di accesso alle pensioni potrebbe prevedere un allungamento dell’età pensionabile in linea con l’aspettativa di vita, nonché una maggiore flessibilità nelle modalità di ritiro dal lavoro. Questo approccio potrebbe contribuire a distribuire più equamente il carico previdenziale tra le diverse generazioni.

Riassumendo

  • la crisi finanziaria dell’INPS prevede un passivo di 45 miliardi entro il 2032
  • il calo demografico e l’invecchiamento della popolazione minacciano la sostenibilità delle pensioni
  • la riforma delle pensioni, come Quota 41, è ostacolata dai costi elevati
  • quota 41 costerebbe 5 miliardi nel 2025, salendo a 9 miliardi in seguito
  • diverse soluzioni da adottare a fronte dell’allarme pensioni: ad esempio incentivi alla natalità; maggiore occupazione giovanile possono migliorare la sostenibilità previdenziale; revisione dei criteri pensionistici ed efficienza gestionale.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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