C’è una misura che negli anni è diventata il manifesto della lotta all’evasione fiscale, al riciclaggio di denaro e all’economia sommersa: la limitazione all’uso del contante. È uno strumento con cui i contribuenti convivono ormai da molti anni e che, come sempre, divide l’opinione pubblica.
Da un lato c’è chi sostiene che questa misura sia necessaria e virtuosa per contrastare le pratiche illecite sopra menzionate. Dall’altro lato, c’è chi ritiene poco democratico imporre limiti all’uso del contante a chi guadagna il proprio denaro con sacrificio e in modo pienamente lecito.
La novità del momento riguarda gli ultimi ritocchi alla legge di Bilancio del governo, all’interno della quale il limite all’uso del contante viene nuovamente modificato, in una forma però condizionata dal pagamento di una sorta di tassa.
Ecco cosa è cambiato negli anni alla voce “limiti all’uso del contante”
Da oltre 15 anni in Italia esiste una limitazione all’uso del contante. Perché limitarne l’uso per favorire i pagamenti elettronici? La risposta è semplice e risiede proprio nelle finalità di contrasto all’evasione e all’economia sommersa.
Pagare con strumenti tracciabili — carte di credito, bancomat, bonifici, POS — lascia una traccia. E grazie all’incrocio di questi dati con quelli del redditometro, spesometro e delle varie banche dati, il Fisco e la Guardia di Finanza hanno maggiori strumenti per individuare eventuali incongruenze tra spese sostenute e redditi dichiarati.
Il limite al contante, dunque, diventa un elemento cardine contro l’evasione fiscale.
Negli anni la soglia è cambiata più volte:
- fino al 2007: 12.500 euro;
- 2008: riduzione a 5.000 euro;
- 2010–2011: ritorno a 12.500 euro;
- 2012–2015: limite a 1.000 euro;
- 2016: aumento a 3.000 euro;
- anni successivi: modifica a 2.000 euro;
- 2023: con il DL Aiuti del governo Draghi, innalzamento a 5.000 euro (4.999,99).
Novità limite all’uso del contante: 500 euro di imposta per superare la soglia
Da Fratelli d’Italia arriva la proposta che ha suscitato clamore. Un emendamento riconducibile alla Premier Giorgia Meloni riguarda proprio il limite al contante.
La proposta introduce una sorta di “compromesso” tra contrasto all’illegalità e obiettivi di cassa: tassare i prelievi o pagamenti in contante superiori a 5.000 euro e fino a 10.000 euro tramite una specifica imposta da 500 euro.
Le opposizioni hanno reagito duramente, sostenendo che si tratti di un favore agli evasori e di un aggravio per i cittadini onesti. Il senatore Francesco Boccia (PD) ha dichiarato che “per raschiare il barile si fa un favore agli evasori, non ai cittadini onesti. Si dà un incentivo all’illegalità, non alla crescita”. Sulla stessa linea anche Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra.
Ecco cosa contiene la proposta
La proposta non autorizza liberamente l’uso del contante fino a 10.000 euro, ma consente, previo pagamento dell’imposta di 500 euro, di effettuare movimenti tra 5.000 e 10.000 euro.
In altre parole:
- chi vuole superare la soglia attuale deve versare 500 euro di imposta di bollo;
- l’operazione resta dunque possibile, ma chiaramente disincentivata.
Non si tratta, quindi, di un innalzamento generalizzato del limite, ma di una possibilità subordinata a un costo elevato, che presumibilmente scoraggerà la maggior parte degli utenti.
A dire il vero, un limite a 10.000 euro è stato indicato anche dall’Unione Europea, che mira a uniformare le soglie in tutti gli Stati membri. In attesa dell’allineamento europeo, il governo italiano muove i primi passi in questa direzione.
