Più di un quarto di tutto l’oro sinora estratto dalla notte dei tempi si trova nei caveau delle banche centrali. Una montagna di 54.770 tonnellate metriche, che alle quotazioni di ieri valeva circa 7.438 miliardi di dollari. Banca d’Italia ne possiede per 2.452 tonnellate per un controvalore di 287 miliardi di euro. Esso incide per il 13% del Pil italiano a fine 2024 e il 9,3% dell’intero debito pubblico accumulato fino adesso. Sulle riserve di oro nostrane si sono accesi i riflettori dei media nelle ultime settimane. Il capogruppo al Senato di Fratelli d’Italia, Lucio Malan, ha presentato un emendamento per sancire ufficialmente che esse appartengano “al popolo italiano”.
Dibattito aperto su proprietà riserve di oro
Parole apparentemente innocenti, ma che stanno scatenando un putiferio di ipotesi, dubbi e tensioni tra tecnici e politici e con effetti anche all’esterno dei confini nazionali. L’emendamento punta a trasferire la proprietà delle riserve di oro in capo allo stato. Ad oggi è stato considerato quasi pacifico che appartenessero alla Banca d’Italia. Uno degli economisti dietro all’emendamento è il senatore leghista Claudio Borghi Aquilini. Egli sostiene che le banche centrali, in Italia e all’estero, non siano proprietarie delle riserve, che si limitano a “detenere” e “custodire”.
Il discorso si complica per l’Eurozona, in quanto la moneta unica si regge su un sistema di banche centrali che fa capo alla Banca Centrale Europea. Essa risulterebbe indirettamente titolare delle riserve nazionali, valutarie e di oro. Sul tema esiste un’ambiguità di fondo, dettata dalla necessità degli istituti nazionali di conservare una loro autorevolezza e indipendenza minime.
La Bundesbank difficilmente cederebbe per via ufficiale la proprietà dei suoi lingotti, secondi al mondo per quantità.
Accumulazione delle riserve centrali
Vogliamo sottrarci al complicato dibattito giuridico. Ci concentriamo su quello più prettamente economico per rispondere alla domanda: a chi appartengono le riserve di oro? Facciamo un passo indietro: come si formano? La banca centrale di uno stato registra quotidianamente flussi di valuta in entrata e in uscita. Se le importazioni di beni, servizi e capitali superano in valore le esportazioni, il saldo è negativo. Viceversa, il saldo è attivo. In questo secondo caso si ritrova ad accumulare valuta estera, necessaria per effettuare gli scambi con l’estero di natura commerciale e finanziaria.
Parte di queste riserve cosiddette valutarie dovrà essere mantenuta liquida per le esigenze di breve termine. Il resto può essere investito per cercare di lucrarci sopra, ad esempio con l’acquisto di titoli di stato. Un altro obiettivo consiste nel diversificare le detenzioni, così da minimizzare i rischi. Esattamente come se la banca centrale fosse un investitore individuale. Le riserve vengono in parte investite in oro, bene rifugio per antonomasia. Questo asset fornisce ai mercati finanziari un segnale rassicurante circa la solidità di fondo di uno stato.
Proprietà del sistema Italia
L’Italia possiede le terze riserve di oro al mondo dopo Stati Uniti e Germania. Queste furono accumulate dopo il 1945 grazie ai surplus commerciali e delle partite correnti.
In parole povere, il sistema Italia ha esportato nei decenni più di quanto abbia importato. Gli avanzi sono stati in buona parte impiegati negli acquisti del metallo giallo. A chi appartengono? Possiamo affermare che Bankitalia abbia agito da buon padre di famiglia. Tuttavia, ha investito quei saldi attivi esitati dal complesso di imprese e individui residenti sul territorio nazionale e di cui non era il “proprietario” in senso stretto.
Le banche centrali posseggono le riserve, ma non ne sono le titolari. La proprietà e del sistema Paese. Questo non significa che sia opportuno che il governo di turno ne disponga a piacimento. L’emendamento insinua il dubbio che ciò possa accadere e per questo sarebbe stato meglio non presentarlo. A volte l’ambiguità può servire a tenere in piedi un equilibrio di lungo periodo, tranne che si presentino situazioni che minaccino quest’ultimo. Non sembra che ci siano stati episodi a giustificazione di questo trasferimento ufficiale della titolarità.
Rischio dubbi su riserve di oro
Che le riserve di oro appartengano allo stato, ergo al “popolo italiano”, sarebbe un fatto ovvio. Che sia opportuno codificarlo in una norma nuova di zecca, è altra cosa. L’importante è che il sistema Italia continui a preservare questa sua garanzia e magari la potenzi nel prossimo futuro. Il dibattito rischia di sfociare in pubbliche recriminazioni reciproche, instillando sui mercati dubbi che non avrebbero ragione di esistere. Nessuno può credibilmente immaginare di disporre delle riserve per ripagare il debito pubblico. Il beneficio sarebbe effimero, il costo elevato.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

