Nell’ultimo decennio, l’economia a Cuba non solo non è cresciuta, ma anzi è andata indietro di quasi il 3%. Nel 2024 il Pil ha segnato un calo per la quarta volta dal 2019 (compreso). L’isola della Revolucion, modello di ispirazione per chiunque nel mondo creda all’esistenza di un modello alternativo al capitalismo, versa in gravissima crisi da così tanto tempo che tra i suoi abitanti si sta perdendo la speranza di riuscire a raddrizzare le cose.
Economia a Cuba, crisi non solo per l’embargo USA
Nei giorni scorsi ci ha pensato l’uragano Melissa a devastare i Caraibi, provocando numerosi morti. A Cuba, tuttavia, i danni sarebbero stati limitati e le vittime un paio. Ma vi siete mai chiesti per quale dannato motivo l’economia qui sia così malconcia? La risposta di chi difende l’integrità ideologica del sistema socialista è sempre la stessa: il bloqueo. L’embargo USA da decenni impedisce all’isola di avere relazioni economiche ordinarie con il potente vicino.
Di certo bene non fa, ma i veri mali stanno altrove. E stanno emergendo da quando il Venezuela non è più in grado di sussidiare il regime castrista con esportazioni di petrolio a prezzi politici.
Limitazioni alle imprese
L’economia a Cuba rimane estremamente centralizzata e pianificata. Sebbene la libertà d’impresa e la proprietà privata siano state parzialmente riconosciute negli anni passati, di fatto continuano ad essere ostacolate per via legislativa. Ad esempio, le micro-, piccole e medie imprese (MSME) possono avere fino a un massimo di 100 dipendenti. E ciascun cubano può essere titolare di una sola attività economica.
I lavoratori autonomi, invece, possono assumere fino a 3 dipendenti, familiari inclusi. Le cooperative possono assumere fino al 10% del numero dei loro membri.
Già queste limitazioni frenano lo sviluppo dell’economia a Cuba. Quando le imprese si avvicinano alla soglia massima di dipendenti loro consentiti, smettono di investire. E per non parlare del fatto che numerosi settori restano inaccessibili ai privati: petrolifero, minerario, biofarmaceutico, zucchero, istruzione, sanità, aeronautica, trasporto ferroviario, ecc. Gli stessi importatori devono passare per una delle 48 entità statali (erano 70 fino a poco tempo fa), in quanto detentrici del monopolio commerciale con l’estero.
Si è arrivati al paradosso che i capitali stranieri in qualche caso possono affluire in settori inaccessibili ai residenti, come nel caso dell’industria del tabacco. In un settore ad alto tasso di crescita negli ultimi anni, come il turismo, i cubani possono fare impresa in misura limitata. Ad esempio, possono affittare casa ai turisti, ma non possono mettere su un albergo.
Diritti di proprietà scarsi
A proposito di casa, un individuo può possederne due al massimo. In nessun caso, però, l’immobile può fungere da garanzia per un prestito e ciò limita fortemente gli investimenti. Analogo il discorso sulla terra. La proprietà è consentita, ma non esistono leggi che la regolino con la conseguenza che non ci sono imprese agricole private. Tra le altre cose, lo stato autorizza la nascita di MSME e tra il settembre 2024 e il luglio scorso lo ha fatto per sole 231 volte.
L’economia a Cuba non cresce per il peso soffocante dello stato e della burocrazia. Il primo ha alle sue dipendenze 2 milioni di cubani, che su un’isola di 10 milioni di abitanti scarsi non è poco. La produzione interna resta bassa e insufficiente a garantire beni e servizi ai consumatori. Mancano gli incentivi per lavorare. E quando nel 2021 il regime decise di varare la riforma monetaria con la liberalizzazione del cambio, le cose sono precipitate, anziché migliorare. La misura era teoricamente molto corretta, ma se inquadrata in un contesto di più ampia liberalizzazione dell’economia. Invece, il settore privato è rimasto oberato dalle suddette limitazioni e il costo delle importazioni è nel frattempo esploso, traducendosi in un boom dell’inflazione.
Economia a Cuba dalle prospettive sempre più nere
Questa si poteva evitare con un aumento della produzione interna a discapito delle importazioni. Ma poiché fare impresa resta quasi impossibile, la crisi del cambio non favorisce neppure la competitività dell’economia di Cuba. Se non si produce nulla, hai voglia a svalutare. Incompetenza e rigidità ideologica limitano le prospettive dell’isola, che da stagnanti stanno diventando drammaticamente recessive. Il turismo stesso è entrato in crisi. I visitatori stranieri non vogliono trascorrere le loro vacanze tra un blackout e l’altro, privati persino di prodotti di prima necessità. E questo era rimasto l’unico settore capace di far affluire valuta pesante in un sistema sempre più a corto di tutto.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

