Prosegue il processo di convergenza tra rendimenti italiani e tedeschi. Ieri, prima che la Banca Centrale Europea comunicasse la sua decisione sui tassi di interesse, lo spread tra BTp e Bund a 10 anni si attestava a poco più di 76 punti base. In altre parole, il decennale tricolore offriva lo 0,76% in più del suo omologo tedesco. Una differenza così bassa non si vedeva dal 2010.
Prudenza fiscale
Il trend positivo è iniziato tre anni fa, in coincidenza con la nascita del governo Meloni. I mercati finanziari avevano temuto conseguenze negative per la tenuta dei conti pubblici dalla vittoria del centro-destra. Sin dai suoi primissimi passi, invece, la politica fiscale è apparsa improntata alla prudenza.
La discesa dello spread è stata evidente e quasi costante da allora. Non ha sempre coinciso con il calo anche dei rendimenti italiani. Ad esempio, quest’anno i titoli tedeschi hanno subito un repricing che ne ha innalzato i rendimenti a medio e lungo termine.
Rating in rialzo
Le agenzie di rating hanno fatto la loro parte nel sostenere questo trend. Limitandoci a quest’anno, il 12 aprile scorso S&P promuoveva i nostri bond da BBB con outlook positivo a BBB+ con outlook stabile. I rendimenti italiani riprendevano il loro processo di convergenza verso i livelli tedeschi, passando da uno spread di 120 a 100 punti base in poche settimane. Il 23 maggio spettava a Moody’s alzare l’outlook da stabile a positivo. E da allora, pur con qualche sali e scendi fisiologico, lo spread ha puntato verso gli 80 punti.
Nelle ultime settimane, altre due agenzie hanno promosso i BTp. A settembre è stata Fitch con rating BBB+ e outlook stabile e due settimane fa è stato il turno di DBRS, che ha alzato il suo giudizio ad A(low) da BBB(high).
I rendimenti italiani hanno proseguito la discesa in termini sia relativi che assoluti. Lo spread con i Bund si è ristretto sotto gli 80 punti e il decennale offre da diverse sedute attorno al 3,40%, ai minimi dell’anno.
Rendimenti italiani più bassi dei francesi
Prossimo appuntamento sensibile sarà il 21 novembre. In quella data Moody’s aggiornerà il suo giudizio sull’Italia. Analisti e mercati credono che alzerà finalmente il rating da Baa3 a Baa2. Ci allontanerebbe dall’area “junk”, la più temuta dagli investitori. I rendimenti italiani probabilmente verrebbero limati ulteriormente con lo spread a consolidarsi in area 75 punti. Considerate che l’Italia ormai offre meno della Francia, ma circa lo 0,25% in più della Spagna. Tendere ai livelli spagnoli, tuttavia, non pare possibile nel breve periodo. Il debito pubblico a Madrid è di circa 35 punti percentuali più basso in rapporto al Pil. E l’economia cresce molto più velocemente.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
