La pensione anticipata ormai è diventata una chimera. Lo confermano gli ultimi dati INPS contenuti nel Rendiconto 2024, che mostrano un calo netto e costante dei pensionamenti anticipati negli ultimi anni.
Un trend che l’Istituto ha ormai ratificato come strutturale, frutto di dinamiche lavorative e normative che rendono sempre più difficile lasciare il lavoro prima dell’età di vecchiaia.
E il futuro, stando alle decisioni del governo, non promette inversioni di rotta. Anzi: presto i pensionamenti anticipati si ridurranno ancora, mentre anche le pensioni di vecchiaia, tradizionalmente considerate l’alternativa, si allontanano progressivamente.
Che pensione c’è per i nati fino al 1959? L’ultimo treno in arrivo, ecco perché
Secondo i dati dell’INPS, le pensioni anticipate sono in forte calo.
Un calo fisiologico, determinato da vari fattori.
Il primo riguarda la struttura del mercato del lavoro, che non consente più carriere contributive lunghe come quelle richieste oggi per l’uscita anticipata.
Un tempo bastavano 35 anni di contributi per accedere alla pensione anticipata (ex anzianità), poi si è saliti a 40 anni, e oggi — considerando anche la finestra di 3 mesi per la decorrenza — si arriva a 43 anni abbondanti.
Con carriere spesso discontinue, precariato diffuso e percorsi di formazione universitaria sempre più lunghi, arrivare a maturare 43 anni di contributi prima dei 67 anni è diventato praticamente impossibile.
In molti casi, la pensione anticipata è davvero irraggiungibile, e il calo dei pensionamenti deriva anche da questa realtà concreta.
Calo delle pensioni anticipate, la colpa è pure dei legislatori
Un altro fattore determinante riguarda le decisioni politiche.
Negli ultimi anni, i governi — mantenendo di fatto in vigore la legge Fornero — hanno inasprito ulteriormente i requisiti di accesso.
Le due principali misure in deroga, Opzione Donna e Quota 103, si sono rivelate sempre meno efficaci.
Non solo per le forti penalizzazioni di calcolo (entrambe prevedono il metodo contributivo integrale), ma anche perché, con le modifiche successive, la platea dei beneficiari è stata drasticamente ridotta.
I dati INPS del 2024 confermano un crollo delle adesioni a entrambe le misure.
E adesso il governo ha deciso di non prorogarle oltre il 31 dicembre 2025, sancendo di fatto la loro chiusura definitiva.
Le pensioni di vecchiaia per i nati fino al 1959 e poi?
È evidente che, se diminuiscono i pensionamenti anticipati, aumentano quelli di vecchiaia.
Oggi, per la stragrande maggioranza dei lavoratori, l’unico obiettivo realistico è raggiungere i 67 anni: la soglia standard prevista per la pensione di vecchiaia ordinaria.
Chi è nato nel 1958 e ha compiuto i 67 anni entro la fine del 2025, andrà in pensione quest’anno.
I nati nel 1959, invece, potranno farlo nel 2026, sempre con i requisiti attuali.
Ma per molti esperti, questo rappresenta l’ultimo treno per andare in pensione con le regole odierne.
Infatti, nella nuova legge di Bilancio, oltre alla chiusura di Opzione Donna e Quota 103, è previsto l’aumento dei requisiti anagrafici per la pensione di vecchiaia, a partire dal 2027.
Dal 2027, serviranno 67 anni e 1 mese, e dal 2028 addirittura 67 anni e 3 mesi.
L’aumento è dovuto al meccanismo dell’adeguamento automatico alla speranza di vita, stabilito dalla legge Fornero, che lega l’età pensionabile ai dati ISTAT sulla durata media della vita.
In sintesi, i nati fino al 1959 riusciranno ancora a pensionarsi a 67 anni tondi, ma per chi è nato dal 1960 in poi, la pensione slitterà ulteriormente.
E, con le pensioni anticipate sempre più irraggiungibili, l’orizzonte per molti lavoratori si sposta inevitabilmente ancora più in là.