L’art.18 della legge di Bilancio licenziata dal Consiglio dei ministri comporta novità dirompenti in materia di tasse sui dividendi societari. Dopo oltre un ventennio, infatti, il governo Meloni pone fine a un principio cardine del nostro sistema fiscale contro la doppia imposizione e che era stato introdotto nel 2003 niente di meno che dal governo Berlusconi. In gergo, si definisce Participation exemption (Pex) e la sua eliminazione parziale sta già animando il dibattito all’interno della maggioranza. Forza Italia si mostra fortemente contraria a un provvedimento, che se approvato dal Parlamento, sostiene che colpirà gli investimenti delle imprese e metterà in fuga i capitali dal mercato italiano.
Novità per partecipazioni sotto 10%
Vediamo di preciso cosa prevede la manovra. Gli investitori potranno continuare ad avvalersi del regime Pex solo in relazione a partecipazioni superiori al 10% nelle società partecipate. Tutti gli altri perderanno tale beneficio. Per capire di cosa parliamo, vi facciamo un esempio per mostrarvi come agisce la doppia imposizione e come in questi decenni l’Italia l’ha evitata.
Immaginate che una società distribuisca un dividendo pari a 1 euro per azione. Su di esso dovrà versare al fisco il 24% di IRES. Dunque, la distribuzione netta sarà di 0,76 euro per azione. La società madre che incassa tale dividendo, dovrebbe a sua volta sottoporlo a tassazione del 24%. I 76 centesimi per azione scendono a 57,76 centesimi. La doppia imposizione ha fatto sì che lo stato su ogni euro di dividendi prelevasse il 42,24% di tasse.
Regime Pex contro doppia imposizione
Per evitare ciò, il nostro sistema fiscale prevede che la società madre sottoponga a tassazione il 5% del dividendo ricevuto.
In sostanza, può beneficiare di un’esenzione del 95%. Tornando all’esempio di cui sopra, a fronte dei 76 centesimi ricevuti, non paga un altro 24% (18,24 centesimi), bensì l’1,2% (5% su 24%). Se la cava con 0,912 centesimi. Tale disciplina, in conformità ad una direttiva europea, si applica anche alle operazioni infragruppo.
Con la manovra ora al vaglio del Parlamento, il regime Pex potrà essere mantenuto solo per le partecipazioni superiori al 10%. In relazione ai dividendi distribuiti per partecipazioni inferiori a tale soglia, le tasse sostanzialmente raddoppieranno. La doppia imposizione, infatti, sarà consentita come prima della riforma IRES del 2003. Si fa presto a dire che deputati e senatori potranno aggiustare il tiro o finanche eliminare del tutto la novità. Da questa misura è previsto l’incasso di 1 miliardo all’anno per il prossimo triennio.
Tasse sui dividendi, capitali non graditi
A scanso di equivoci, qui non si tratta di far pagare le tasse a chi le evade. La doppia imposizione con l’eliminazione parziale del regime Pex comporta un raddoppio insensato delle tasse sui dividendi. Ed è l’esatto contrario di quanto ci vorrebbe per stimolare gli investimenti sul mercato italiano. Asset manager e fondi sono soliti possedere quote decisamente inferiori al 10%. Con questa misura, l’Italia sta dicendo loro che non sono graditi e che dovranno accettare una stangata per poter investire da noi.
giuseppe.timpone@investireoggi.it