In Italia la crescita del Pil è tornata ad essere bassa dopo il forte rimbalzo seguito al crollo in pandemia, ma l’occupazione continua a segnare nuovi record. Sono oltre 24 milioni e 200 mila coloro che hanno un posto di lavoro nel nostro Paese, quasi il 63% della popolazione tra 15 e 64 anni. E per la prima volta al Sud superano la soglia del 50%. Pur restando infima nel confronto internazionale, trattasi di un segnale positivo circa la graduale uscita dalla grave condizione di sottoccupazione in cui il Meridione versa storicamente.
Occupazione e Pil, dati Eurostat illuminanti
Molte volte abbiamo commentato i risultati positivi sull’occupazione, avvertendo che la loro relazione con il Pil non sia così lineare come siamo portati a credere. In altre parole, se aumentano i posti di lavoro, non è detto che la ricchezza prodotta dall’economia nel suo complesso cresca di pari passo.
Può crescere più lentamente o più velocemente o può persino regredire. Infatti, quello che sta avvenendo da decenni nel nostro Paese è che la produttività del lavoro rimane ferma, anche quando il numero dei lavoratori sale. E questo porta ad una crescita economica molto lenta.
Per capire un po’ meglio di cosa parliamo, ci vengono in soccorso alcuni dati di Eurostat, ossia l’istituto statistico dell’Unione Europea. Essi ci forniscono il valore aggiunto per lavoratore e in base al settore di attività. Di seguito il grafico:

Tra energia e turismo rapporto di 14
Si evince l’estrema variabilità dei risultati a seconda del settore. Un addetto nell’industria energetica, ad esempio, creava un valore aggiunto medio di 385.700 euro nel 2023.
E’ il dato più alto in Italia. Il più basso riguarda il turismo: appena 27.800 euro. E questo ci dice che tra il settore più produttivo e quello meno produttivo esiste un rapporto di 14. Quando abbiamo dissertato circa l’impossibilità per il settore turistico di essere trainante per l’economia italiana, avevamo in mente proprio tali considerazioni.
Questi dati ci segnalano anche il possibile andamento futuro tra occupazione e Pil. E’ evidente che se i posti di lavoro aumentassero nei prossimi anni più nei settori a basso valore aggiunto, tra cui anche servizi legali e contabilità, la crescita economica ne risentirebbe. Viceversa, se aumentassero in settori ad alto valore aggiunto come anche farmaceutica, chimica, automotive, aerospazi/trasporti, ecc., la crescita economica accelererebbe.
Scuola italiana opportunità e limite
Tenete conto che la media nazionale fu nel 2023 di 63.200 euro. Questo ci spinge ad affermare che dovremmo assecondare la creazione di posti di lavoro in settori con il maggiore valore aggiunto, così da ottenere il migliore impatto possibile sul Pil. Operazione tutt’altro che immediata. In primis, perché l’economia non la fa il governo, bensì le imprese e le preferenze di consumatori, lavoratori e investitori. Secondariamente, perché la crescita dell’occupazione in alcuni settori si scontra con il limite delle risorse umane disponibili.
E qui c’entra l’annoso problema della scuola italiana, dalla quale non sempre escono fuori profili professionali immediatamente spendibili sul mercato del lavoro. Per non parlare del fatto che l’Italia abbonda di manodopera poco qualificata, specie al Sud e in particolare nelle fasce di età più avanzate. Istruzione e produttività vanno di pari passo. In effetti, mentre non serve generalmente un titolo di studio per svolgere mansioni “povere” come il cameriere o il lavapiatti, è necessaria una conoscenza approfondita per lavorare alle dipendenze di un’azienda aerospaziale o farmaceutica.
Occupazione e Pil, rivoluzione mancata con PNRR
Potrebbe persino verificarsi il caso di una contrazione del Pil con lo spostamento dell’occupazione da un settore all’altro. Immaginate che un addetto dell’energia lasci il proprio lavoro per occuparsi di turismo. Per quanto svelato dal grafico, il valore aggiunto complessivo in Italia si contrarrebbe. Infatti, verrebbe creata una minore ricchezza per quasi 386.000 euro da un lato e dall’altro una maggiore per meno di 28.000 euro. Il saldo netto sarebbe palesemente negativo. La scommessa fin qui persa con il PNRR sarebbe di concentrare risorse sui settori più avanzati e capaci di trainare la crescita dell’economia e, quindi, degli stipendi. Perché di solo turismo si sopravvive, con retribuzioni basse e destinate a rimanere tali negli anni.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

