Il caffè è stato in questi anni l’emblema dell’inflazione, con rincari divenuti proibitivi per molti italiani abituati al rito della colazione al bar. In effetti, sui mercati internazionali i prezzi hanno registrato incrementi paurosi. Le due qualità Robusta e Arabica oggi si comprano rispettivamente al doppio e il triplo rispetto alla media pre-2022. La buona notizia di questi giorni è che i prezzi stanno sgonfiandosi rispetto ai massimi di un paio di settimane fa. Robusta segna un tonfo del 9,5% e Arabica di quasi il 12%.
Dazi al 50% su esportazioni brasiliane
I rialzi di questi anni sono stati trainati dai bassi raccolti, conseguenza dei cambiamenti climatici in due particolari stati: Brasile e Vietnam.
Essi risultano essere principali produttori dell’Arabica (qualità più alta) il primo e della Robusta il secondo. Le maggiori piogge recenti stanno lasciando intravedere un raccolto più abbondante per la prossima stagione. E c’è un possibile allentamento delle tensioni tra Brasile e Stati Uniti.
L’amministrazione Trump ha annunciato in estate dazi al 50% sulle importazioni dallo stato sudamericano. Una mossa per reagire a quella che definisce una persecuzione politica avente ad oggetto l’ex presidente Jair Bolsonaro, da poco condannato per l’assalto al Congresso del 2022. I dazi hanno effetto anche sul caffè e possono impattare sulla materia prima. Un sesto delle esportazioni brasiliane si hanno proprio verso gli Stati Uniti. Qualcosa come 409.000 tonnellate nel 2024, quasi un quarto dei consumi americani.
Brasile pensa al piano b
Trump ha affermato a inizio settimana che potrebbe risolvere la questione con il collega Luis da Silva, noto come Lula. In ogni caso, il Brasile si prepara al piano b.
Se i dazi saranno mantenuti o scenderanno di poco, sarebbe pronto a stringere accordi commerciali con i partner asiatici e l’Unione Europea. Alla seconda ha già venduto 921.500 tonnellate nel 2023, quasi il 35% dei consumi. Se almeno buona parte delle mancate esportazioni verso gli Stati Uniti venissero dirottate da noi, l’offerta salirebbe fino a coprire un altro 15% del nostro fabbisogno. L’abbondanza farebbe precipitare i prezzi, mentre i bevitori americani pagherebbero molto più cara ogni tazzina.
Il caffè può diventare anche in questo caso l’emblema degli effetti dei dazi americani sui consumatori europei. Poiché le imprese di tutto il mondo incontrano maggiori difficoltà ad accedere al mercato americano, potrebbero optare per dirottare altrove le loro merci. Del discorso fanno parte le nostre stesse imprese. E quale migliore alternativa dell’Europa, un continente di mezzo miliardo di consumatori altrettanto ricchi e con preferenze simili a quelle degli americani? A meno che non chiuderemo anche noi le frontiere commerciali, la maggiore offerta porterebbe a una caduta dei prezzi al consumo. I benefici per i consumatori sarebbero evidenti, mentre la concorrenza alle nostre imprese s’inasprirebbe al punto da colpirne i livelli di produzione.
Giù prezzi per caffè e cacao
Il deprezzamento del caffè fa il paio con la caduta dei prezzi del cacao.
Un’altra materia prima che ha scalato vette impensabili fino a qualche mese fa, salvo scendere a livelli di prezzo meno proibitivi, pur ancora altissimi. Anche in questo caso entra in gioco il fattore climatico, che ha ridotto i raccolti nelle passate stagioni, sebbene le preoccupazioni per la prossima stiano scemando.
giuseppe.timpone@investireoggi.it


