Nel sistema pensionistico conviene sempre analizzare con attenzione tutto ciò che c’è da valutare prima di andare in pensione. Sfruttando novità, cavilli e misure è possibile ottenere prestazioni migliori, talvolta semplicemente barattando qualcosa di poco conto. Un tipico esempio è quello che stiamo per spiegare: una persona può recuperare fino al 20% in più di pensione semplicemente ritardando di qualche mese l’uscita. È il caso di un nostro lettore, che ci scrive:
“Salve a tutti, mi complimento per il buon lavoro di informazione che fate, ma volevo da parte vostra un consiglio. Ho compiuto a inizio settembre 62 anni di età. Sto lavorando presso un’azienda metalmeccanica.
A novembre completo 41 anni di contributi, come mi ha calcolato un Patronato qualche mese fa. Lo stesso Patronato mi ha detto che posso andare in pensione proprio a novembre con la quota 103, anche se devo aspettare tre mesi di finestra. Adesso mi chiedevo se, secondo voi, farei meglio a rimandare l’uscita o se conviene andarmene subito. Premetto che di lavorare non ho molta voglia, quindi se mi dite che farei bene ad uscire sarebbe la spinta che mi manca per dire sì alla quota 103.”
Ecco quando la pensione a 63 anni è meglio di quella a 62 anni
Stanchezza pregressa e scarsa voglia di continuare a lavorare sono aspetti che un contribuente deve effettivamente considerare nel momento in cui si aprono possibili porte al pensionamento.
Come è logico, si tratta di valutazioni soggettive, perché solo il diretto interessato sa cosa desidera realmente. Molto, quindi, dipende da persona a persona. Tuttavia, se un lavoratore si chiede se convenga o meno andare subito in pensione, significa che ci sono considerazioni ulteriori da fare.
In certi casi, può essere utile restare al lavoro ancora per un breve periodo, sfruttando cavilli e regole che potrebbero migliorare la situazione o ridurre eventuali perdite sull’importo della pensione.
Pensione subito: perché sì e perché no, cosa bisogna considerare
Il caso del nostro lettore è un esempio lampante per comprendere le possibilità offerte dal sistema, anche alla luce delle novità in arrivo dal prossimo 1° gennaio.
Un lavoratore con 62 anni di età e 41 anni di contributi si trova con i requisiti utili per la quota 103. In parole semplici, può andare in pensione subito. Oppure può scegliere di restare ancora in servizio, usufruendo dello sgravio contributivo del bonus Giorgetti.
In base all’età, il lettore si trova a 5 anni dalla pensione di vecchiaia. In base ai contributi, invece, mancano 22 mesi alla pensione anticipata ordinaria. Se la quota 103 non esistesse, la sua uscita più ravvicinata sarebbe proprio quella dell’anticipata ordinaria.
Restando a lavorare per altri 22 mesi, potrebbe:
- guadagnare il 9,19% in più di stipendio grazie al bonus Giorgetti,
- maturare ulteriori contributi,
- beneficiare di un coefficiente di calcolo più favorevole.
Tutto ciò si tradurrebbe in una pensione anticipata ordinaria più alta, mentre con la quota 103 l’importo risulterebbe più penalizzato, perché calcolato interamente con il sistema contributivo.
Meglio la pensione a 63 anni rispetto a quella a 62 anni
Se però il lavoratore non se la sente di restare in servizio ancora a lungo, una novità annunciata dal governo per il prossimo 1° gennaio potrebbe fare al caso suo.
Si tratterebbe di rimanere in azienda solo per qualche mese in più, andando in pensione a inizio 2026.
In questo modo, potrebbe sfruttare il bonus Giorgetti solo per un periodo limitato, per poi accedere alla pensione di quota 41 flessibile, la misura destinata a sostituire la quota 103. I requisiti resterebbero gli stessi: 62 anni di età e 41 anni di contributi versati. La differenza principale è che la pensione verrebbe liquidata con calcolo misto, e non totalmente contributivo.
È previsto però un taglio lineare del 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni della pensione di vecchiaia. Con un massimo del 10%. Un taglio, quindi, ben più contenuto rispetto al 30% e oltre che si subisce con la quota 103.
Inoltre, se il lavoratore decidesse di restare fino ai 63 anni, maturerebbe quasi un anno di contributi in più e beneficerebbe di un coefficiente più favorevole. Ovviamente con un impatto positivo sull’importo della pensione, rispetto a quella richiesta a 62 anni.
