Monte Paschi è riuscita nei giorni scorsi nell’impresa storica di acquisire il controllo di Mediobanca, banca d’affari e in passato nota per essere “il salotto buono” della finanza italiana. Quando Luigi Lovaglio lanciò l’Offerta Pubblica di Scambio (OPS) a gennaio, ad inizio settembre trasformatasi in Offerta Pubblica di Acquisto e Scambio (OPAS) con l’aggiunta di una componente cash, giustificò l’iniziativa tra le altre cose per la possibilità di sfruttare 1,3 miliardi di euro di Deferred Tax Assets (DTA), ad oggi fuori bilancio.
DTA come crediti fiscali
La materia è complessa e per specialisti. Noi vi forniremo alcune informazioni generali per consentirvi di farvi un’idea.
Le DTA sono letteralmente “asset fiscali differiti”. Nel linguaggio comune, vengono anche definite come “crediti fiscali”. Nei fatti, lo sono. Poiché vengono citate di frequente nei casi di fusione tra banche, si è diffusa la convinzione che siano strumenti legati a queste iniziative straordinarie. Non è così.
Per ogni esercizio le banche, così come qualsiasi altra società, si ritrova ad avere costi e ricavi. Quando i secondi superano i primi, si ha un utile. Viceversa, si riporta una perdita. Tra i costi vi sono le svalutazioni dei crediti. Una banca presta denaro a famiglie e imprese, ma può accadere che una parte di esso venga considerata persa. Ad esempio, perché il cliente debitore fallisce, risulta nullatenente, ecc. Queste svalutazioni possono essere spesso di dimensioni tali da affossare il bilancio, provocando una perdita.
Il cambio normativo del 2015
Il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) fino al 2015 limitava allo 0,3% dei prestiti erogati le deduzioni di tale voce di costo.
Una previsione che penalizzava le banche italiane rispetto alle concorrenti dell’Unione Europea. Per questo, da quell’anno si decise per l’armonizzazione normativa. Tuttavia, c’era da recuperare lo stock di deduzioni accumulate fino a quel momento. L’UE acconsentì, a patto che lo smaltimento avvenisse entro il 2029. E concesse che fossero trasformate in crediti fiscali.
In pratica, le DTA sono la trasformazione proprio di tali deduzioni fiscali in crediti. La legge di Bilancio per il 2025 è intervenuta sul tema. Il governo aveva introdotto un’imposta straordinaria sui cosiddetti “extraprofitti bancari“. Poi, aveva dovuto fare marcia indietro, per via delle giuste proteste degli istituti. Si limitò a prevedere come alternativa l’accantonamento a riserva di somme per 2,5 volte l’imposta altrimenti da versare. Inutile dire che tutte le banche hanno optato per questa seconda opzione, che perlomeno ha consentito loro di rafforzarsi patrimonialmente.
Mani del governo sul biennio 2025-’26
Da quest’anno, invece, è stata prevista una sospensione biennale per l’uso delle DTA, così da accrescere il gettito di 2,5 miliardi nel 2025 e di 1,5 miliardi nel 2026. Le nuove DTA eventualmente formatesi quest’anno saranno smaltite nei quattro esercizi successivi e quelle formatesi nel 2026 nei tre successivi. Un anticipo di liquidità a tutti gli effetti, visto che le compensazioni torneranno pienamente attive dal 2027. Ricordiamo che lo smaltimento dovrà avvenire entro il 2029.
Già si parla di puntare nuovamente su questa voce dei bilanci bancari, al fine di recuperare ulteriori risorse per lo stato. Spinge per questa idea la Lega di Matteo Salvini, che vorrebbe così finanziare la rottamazione delle cartelle esattoriali.
Cosa c’entrano le DTA con l’affaire Monte Paschi-Mediobanca? Essendo crediti fiscali, possono andare a compensazione dei debiti che una banca possiede nei confronti dello stato esercizio dopo esercizio. Il presupposto è che serve “capienza fiscale” per ottenere una totale compensazione. Esempio: una banca deve versare al fisco 1 miliardo e vanta DTA per 1,5 miliardi. Può compensare solo fino a 1 miliardo, restando in credito per i successivi 500 milioni. Se la stessa banca riportasse un utile più alto, riuscirebbe a smaltire uno stock maggiore di crediti. Lo stock non smaltito compare a bilancio come una voce attiva del patrimonio, ma se entro il 2029 non sarà compensato con i debiti, dovrà essere depennata. Andrà definitivamente perduta.
DTA e fusioni bancarie
Ecco che entrano in gioco le fusioni bancarie. Rilevando un’altra banca e controllandola per almeno il 50% più 1 azione, ufficialmente si amplia la base imponibile. In questo modo, le DTA possono essere smaltite più velocemente. Nel caso di Monte Paschi, 1,3 miliardi andrebbero ad aggiungersi ad altri 1,6 miliardi a bilancio, portando il totale a 2,9 miliardi. Trattasi di un beneficio atteso in circa 500 milioni all’anno da qui al 2029.
Le DTA non sono poste del bilancio legate alle fusioni bancarie, ma semmai ne risentono per l’accelerazione del loro smaltimento con l’aumento dell’utile consolidato per effetto della maggiore base imponibile. Nel caso di Siena, le forti svalutazioni dei crediti non poterono essere compensate per anni, a causa della chiusura dei bilanci in perdita. Solo a partire dal 2023 l’istituto è tornato all’utile. Prima, era sull’orlo del fallimento, tanto da avere necessitato del salvataggio pubblico nel 2017.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

