Il vertice di ieri dei “volenterosi” a Parigi è avvenuto in un momento molto delicato per la politica francese. A giorni ci sarà la sfiducia del governo Bayrou e non s’intravede una maggioranza capace di rimpiazzarlo. Possibili le elezioni anticipate, le terze in tre anni. I mercati hanno preso di mira i titoli di stato francesi e britannici, in particolare. Fiutano i rischi fiscali nei due stati europei, che forse non a caso sono anche i più energici nell’intestarsi la politica del riarmo. Peccato che avverrà a debito e che gli investitori stiano segnalando di non voler più prestare soldi facilmente a chi li scialacqua da molto tempo.
Per i governi europei nel loro complesso è arrivato il momento più difficile. Qualsiasi cosa decidano di fare, rischiano di sbagliare. Si trovano dinnanzi ad un impossibile trilemma.
Trilemma dopo impegno con Trump
A fine giugno, presero l’impegno con il presidente americano Donald Trump di alzare la spesa militare al 5% del Pil. Dall’Aja il tycoon tornò soddisfatto, potendo confidare in un progressivo disimpegno militare dall’Europa con risparmi per il bilancio del Pentagono. I suoi interlocutori hanno ingoiato il rospo amaro nella consapevolezza che sarebbe servito ad ammorbidire la sua posizione sui dazi. Cosa che in agosto è avvenuta solo parzialmente.
Rinegoziare accordo con USA
La reazione dei mercati sta svelando l’insostenibilità di tale impegno. Da cui il suddetto trilemma. La prima ipotesi sarebbe che, preso atto dell’impossibilità di sostenere costi di emissione crescenti, i governi europei rinegozino l’accordo con Trump. Equivarrebbe a perdere la faccia dinnanzi al mondo intero. I nemici dell’Occidente, radunatisi a Pechino questa settimana, noterebbero la debolezza del Vecchio Continente.
E da sempre i deboli soccombono tra le grinfie dei più forti. Per non parlare della Casa Bianca, che rinuncerebbe definitivamente a qualsivoglia intenzione di mantenere le relazioni diplomatiche con un gruppo di stati così inaffidabile. Non a caso, gli americani si sono appena espressi contro l’eventuale inserimento del Ponte sullo Stretto tra le voci di spesa rientranti nel calcolo. Lo scopo è stato segnalare di non voler essere presi in giro
Austerità pro-bellica
A questo punto, i governi europei avrebbero solamente altre due opzioni. La seconda consisterebbe nel dare seguito alla promessa sul riarmo, ma non più a debito. Dovrebbero trovare le coperture. Ergo, tagli alla spesa pubblica e aumenti delle entrate. Un’opzione talmente impopolare da rendere certa la perdita del consenso per chiunque la attuasse. La Germania con il cancelliere Friedrich Merz l’ha fatto intendere e i sondaggi per la sua maggioranza sono drammatici. In Francia, Emmanuel Macron è più impopolare rispetto ai caldi mesi delle proteste dei gilet gialli.
Riarmo a debito con il rischio mercati
Resterebbe in piedi un’ultima ipotesi: continuare con il riarmo a debito. Ciò implicherebbe rischiare di perdere definitivamente la fiducia dei mercati. Francia e Regno Unito potrebbero essere costretti a chiedere aiuto al Fondo Monetario Internazionale. Sarebbe uno scenario devastante da ogni punto di vista. I governi in carica verrebbero spazzati via alle successive elezioni, mentre la loro reputazione anche sul piano geopolitico ne uscirebbe a pezzi. Oltre tutto, salvare una grande economia come quelle citate sarebbe praticamente impossibile per l’istituto di Washington.
Il trilemma impossibile
Ecco perché il trilemma stesso si rivela impossibile. Ai governi europei non rimane che scegliere se bere il cianuro o andare al patibolo. Tra le opzioni di cui sopra, la più probabile risulterebbe la prima. Convincere Trump ad ammorbidire le sue pretese, magari concedendo qualcosa in più su altri piani. L’ipotesi di una riconversione delle economie a fini bellici non è neppure da scartare. Tagliare servizi essenziali come scuola, pensioni e sanità per comprare armi, tuttavia, appare politicamente insostenibile. Così come alzare le già alte tasse. Alla fine i governi potrebbero scegliere di fare di tutto un po’: perdere un po’ la faccia, parte del già magro consenso e la fiducia degli investitori. Quanto basterebbe per non uscirne del tutto umiliati. Missione impossibile.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

