Le voci si rincorrono sulle pensioni in vista del 2026. In particolare, c’è grande attesa tra i nati nel 1964, che quell’anno compiranno 62 anni, per capire se potranno rientrare nella nuova formula di pensione anticipata che il governo sta predisponendo.
Il tema centrale è la cosiddetta quota 41 flessibile, una misura che interessa non solo chi compirà 62 anni nel 2026, ma anche coloro che hanno deciso di non aderire alla quota 103 nel 2025, giudicata da molti troppo penalizzante a causa del ricalcolo contributivo.
Ecco perché la nuova misura è tanto discussa e attesa: è fondamentale capire chi potrà accedere, con quali modalità e quanto convenga davvero.
Dalla quota 103 alla quota 41 flessibile, ecco cosa cambia
La quota 41 flessibile dovrebbe riguardare sia chi nel 2026 compirà 62 anni, sia chi, a prescindere dall’età, avrà raggiunto i 41 anni di contributi.
Inoltre, interesserebbe i lavoratori che hanno rifiutato l’uscita con quota 103 per evitare le penalizzazioni del calcolo contributivo.
Secondo le prime indiscrezioni, la quota 41 flessibile non sarà del tutto priva di tagli, ma risulterà meno penalizzante rispetto alla quota 103. L’obiettivo è creare, dal 2026, uno strumento di pensionamento anticipato più equo, destinato a sostituire l’attuale sistema.
Come funzionano le due diverse misure e perché sono così diverse
La quota 103 richiede 62 anni di età e 41 anni di contributi, esattamente come la futura quota 41 flessibile. Ma ci sono due differenze sostanziali:
- Con quota 103, l’importo della pensione non può superare 4 volte il trattamento minimo, anche se il lavoratore avrebbe diritto a una cifra più alta.
- Con quota 41 flessibile, invece, questo tetto non dovrebbe esserci.
Inoltre:
- la quota 103 prevede il ricalcolo interamente contributivo, con tagli anche superiori al 30%;
- la quota 41 flessibile eviterebbe il ricalcolo integrale e introdurrebbe solo un taglio percentuale legato all’anticipo rispetto ai 67 anni:
- Uscita a 66 anni → -2%
- Uscita a 65 anni → -4%
- Uscita a 64 anni → -6%
- Uscita a 63 anni → -8%
- Uscita a 62 anni → -10%
Un meccanismo molto diverso e più leggero rispetto alle riduzioni della quota 103.
Questo aspetto interessa in particolare chi ha iniziato a versare contributi prima del 1996 e aveva almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995: per loro, la pensione continuerebbe a essere calcolata con il metodo retributivo fino al 2011. Con quota 103, invece, non c’è alternativa al calcolo interamente contributivo.
Pensione 2026 a 62 anni: ecco come funziona, i tagli e le differenze rispetto a oggi
In sintesi, la quota 41 flessibile appare più conveniente rispetto alla quota 103, sempre che venga approvata senza restrizioni aggiuntive. Tuttavia, entrambe le formule richiedono 41 anni di contributi: un requisito non alla portata di tutti.
Occorre anche considerare la pensione anticipata ordinaria, che resta accessibile con:
- 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini;
- 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.
Ad esempio, chi nel 2026 compirà 66 anni potrebbe accedere alla quota 41 flessibile subendo un taglio del 2%. Ma rimanendo al lavoro fino ai 67 anni, otterrebbe un anno in più di contributi e un coefficiente di trasformazione più favorevole, con conseguente aumento dell’importo della pensione.
In altre parole, più alta è l’età al momento del pensionamento, più vantaggioso risulterà l’importo finale.
Anticipare l’uscita significa non solo subire il taglio percentuale previsto, ma anche rinunciare a ulteriori versamenti e al relativo rendimento.