Ormai, quando si parla di pensioni, l’età anagrafica che ricorre più spesso è quella dei 64 anni. È diventata l’età “popolare” nei discorsi quotidiani: dalle stanze della politica ai giornali, dai talk show televisivi fino alle conversazioni nei bar delle città italiane.
Addirittura si parla più dei 64 anni che dei 67, nonostante quest’ultima sia – e resti – l’età pensionabile oggi in vigore. Il motivo di tanta attenzione è che i 64 anni sembrano essere la soluzione individuata dal governo per il pensionamento anticipato a partire dal 2026. Una nuova misura che dovrebbe essere introdotta con la manovra finanziaria di fine 2025 e che fisserebbe proprio a 64 anni l’età minima di uscita.
Ma che cosa significa davvero andare in pensione a 64 anni dal punto di vista degli importi dell’assegno pensionistico? Molti se lo chiedono, soprattutto perché la misura prevede una soglia minima di 25 anni di contributi. E quindi: che tipo di pensione sarà quella a cui il governo sembra intenzionato ad aprire la porta dal 2026?
“Buongiorno, sono un operaio edile. Ho maturato 25 anni di contributi e ho compiuto 63 anni a maggio. Nel 2026 ne compirò 64 e vorrei avere chiarimenti sulla possibilità di andare in pensione con questa nuova misura. Vorrei capire che pensione prenderò e se ci saranno tagli all’assegno. Grazie.”
La pensione dopo 25 anni di contributi, a 64 anni quanto si prende?
Il progetto a cui il governo lavora da tempo prevede la possibilità di andare in pensione a 64 anni di età con 25 anni di contributi, ma a condizione che l’assegno non sia inferiore a tre volte l’assegno sociale.
Per raggiungere tale soglia sarà possibile utilizzare non solo la pensione maturata con i contributi versati, ma anche la rendita da fondi pensione integrativi ed eventualmente il TFR trasformato in rendita mensile.
In pratica, nessuno potrà accedere alla pensione a 64 anni se, con 25 anni di versamenti, non riuscirà a raggiungere una pensione pari ad almeno 1.620 euro al mese (oggi la cifra è di circa 1.616 euro, dato che l’assegno sociale è poco sotto i 539 euro).
Chi si chiede quale importo riceverà, come il lettore dell’esempio sopra, ha già una prima risposta: la pensione non potrà mai essere inferiore a 1.620 euro mensili.
I vincoli della nuova pensione a 64 anni: importo mai sotto un determinato limite
Per raggiungere questa soglia serve però un montante contributivo adeguato. È infatti la somma dei contributi versati che determina l’importo finale della pensione (fatta eccezione per i contributi antecedenti al 1996, calcolati con il sistema retributivo).
Un lavoratore dipendente versa ogni mese alla previdenza il 33% della propria retribuzione. Significa che, per ogni 1.000 euro di stipendio, ben 333 euro finiscono nella previdenza obbligatoria.
Questi contributi, anno dopo anno, si accumulano in un “contenitore” chiamato montante contributivo, che viene rivalutato in base all’inflazione. Al momento del pensionamento, il montante viene trasformato in rendita tramite un coefficiente di trasformazione: per chi esce a 64 anni, nel 2025 e 2026 questo coefficiente sarà pari al 5,088%.
Ecco le regole di calcolo e quale montante contributivo servirà
Ma quanto bisognerà accumulare per avere una pensione pari ad almeno 1.620 euro mensili (ossia circa 21.060 euro l’anno, tredicesima inclusa)?
Indicativamente, servirà un montante di circa 415.000 euro.
Questo significa aver percepito per 25 anni stipendi medi annui di circa 50.000 euro.
Infatti, il 33% di 50.000 euro corrisponde a 16.500 euro versati ogni anno. Moltiplicando 16.500 euro per 25 anni si ottengono circa 412.500 euro, che con rivalutazioni e oscillazioni retributive portano a una cifra vicina a quella necessaria.
Ecco perché la misura rischia di essere difficile da centrare per molti lavoratori. Risulterà quindi fondamentale l’utilizzo del TFR trasformato in rendita o delle somme accumulate nei fondi pensione integrativi per aumentare l’importo e portarlo sopra la soglia dei 21.000 euro annui richiesta.
