In tema di pensioni, si discute con insistenza di uscite a 64 anni estese a tutti e di uscite a 62 anni con tagli limitati ai più benestanti. Si tratta delle ultime ipotesi di novità previdenziali in vista dell’ormai imminente legge di Bilancio. Al momento, però, di certezze non ce ne sono: si parla solo di ipotesi. Guardando al passato, infatti, sono state annunciate più volte misure e progetti che non hanno mai visto la luce. E se oggi le proposte sembrano di rilievo, quelle avanzate negli anni scorsi e mai realizzate apparivano persino più favorevoli. Per superare la legge Fornero sono state elaborate molte idee, rimaste però soltanto sulla carta.
La legge di Bilancio 2026: ecco le due nuove pensioni allo studio
Partendo dal presente, uno degli interventi di cui si discute da settimane è la pensione anticipata contributiva per tutti. In pratica, una misura oggi riservata solo a chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1995 sarebbe estesa anche agli altri. Tuttavia, il requisito contributivo passerebbe da 20 a 25 anni.
Inoltre, la pensione minima necessaria per ottenere il via libera non dovrebbe essere inferiore a tre volte l’assegno sociale, con un incremento previsto a partire dal 2030: il requisito salirebbe a 3,2 volte l’assegno sociale.
Un’altra ipotesi di strettissima attualità riguarda la sostituzione della quota 103 con la quota 41.
Con questa misura, potrebbero uscire dal lavoro coloro che hanno almeno 62 anni di età e 41 anni di versamenti. A differenza di quota 103, però, non sarebbe applicato un ricalcolo contributivo sull’intera pensione: al suo posto ci sarebbe un taglio percentuale del 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni.
Una formula che renderebbe il sistema più flessibile.
La proposta contenuta nel vecchio DDL 857 di Cesare Damiano
L’uscita a 62 anni (o in alternativa a 63) con tagli lineari era già al centro di una proposta contenuta nel DDL 857, firmata da Cesare Damiano, all’epoca Presidente della Commissione Lavoro della Camera, insieme ai colleghi Dem Marialuisa Gnecchi e Pier Paolo Baretta.
La misura prevedeva una penalità del 2-3% per ogni anno di anticipo rispetto all’età pensionabile: un meccanismo molto simile a quello della nuova quota 41 oggi allo studio.
Quella proposta risale al 2013, quando l’età pensionabile non era ancora fissata a 67 anni (si arrivò a questa soglia solo nel 2019, con un incremento di 5 mesi). Nel dettaglio, il DDL 857 ipotizzava un pensionamento flessibile dai 62 anni e 7 mesi, con penalità minime del 2% per ogni anno di anticipo rispetto ai 66 anni e 7 mesi, e con un requisito minimo di 35 anni di contributi.
Quali pensioni per superare la Fornero? L’ipotesi di estendere l’Opzione donna
Più che una proposta concreta, si trattò di un’ipotesi avanzata nel dibattito sul potenziamento del sistema contributivo: estendere a tutti l’Opzione donna.
Questa misura permetteva alle lavoratrici dipendenti, pubbliche e private, di andare in pensione a 58 anni con 35 anni di contributi, oppure alle autonome a 59 anni, sempre con 35 anni di contributi.
In entrambi i casi, però, accettando il ricalcolo interamente contributivo della pensione.
Per un certo periodo sembrò che l’opzione potesse essere estesa anche agli uomini, ma la proposta fu accantonata. Anzi, negli anni la misura si è ristretta sempre più, fino a essere oggi riservata solo a categorie specifiche come le caregiver, le invalide, le licenziate e le lavoratrici di aziende in crisi con tavoli aperti.
La proposta di pensioni per quota e l’addio alla Fornero: l’idea Tridico
Non meno innovativa fu la cosiddetta proposta Tridico, dal nome dell’allora Presidente dell’INPS Pasquale Tridico. L’idea prevedeva una forma di pensionamento anticipato e flessibile, con penalizzazioni a tempo.
In sostanza, si dava la possibilità di uscire a 62 o 63 anni, subendo il taglio derivante dal calcolo contributivo. Ma solo fino al raggiungimento dell’età di vecchiaia. Una volta compiuti i 67 anni, la pensione si ricalcolava e si aggiungeva anche la parte retributiva non ancora liquidata.
In altre parole, la pensione era divisa in due quote:
- una contributiva, erogata in anticipo;
- una retributiva, corrisposta solo al compimento dei 67 anni.
