In futuro, ciò di cui parliamo oggi sarà sempre più una costante nel sistema previdenziale italiano. Parliamo inevitabilmente di contribuenti che, alla fine della loro carriera – sia a 67 anni di età come oggi, sia a un’età più avanzata con gli adeguamenti alla speranza di vita – si ritroveranno con carriere contributive scarse.
Chi ha versato pochi contributi, come andrà in pensione? E, qualora ci riesca, quanto percepirà di trattamento? Sono tutte domande a cui cercheremo di dare risposta. È evidente che, anche con pochi anni di versamenti alle spalle, il diritto a una forma di prestazione previdenziale esiste comunque. Tuttavia, come vedremo, in certi casi parlare di “pensione” non è del tutto corretto, perché con pochi contributi e pochi anni di lavoro, più che una pensione si riceve una prestazione assistenziale.
Pochi contributi e pochi anni di lavoro: ecco la pensione che si prende a 67 anni e quanto si prende
Oggi, 67 anni rappresentano la cosiddetta età pensionabile. Ovvero l’età necessaria per accedere alla pensione di vecchiaia, che richiede anche almeno 20 anni di contributi.
Ma i 67 anni sono anche il limite minimo per ottenere l’assegno sociale. Ovvero la misura destinata a chi si trova con pochi contributi e pochi anni di lavoro.
Tra disoccupazione, precariato, lavoro intermittente e regole previdenziali più rigide, sono sempre di più coloro che raggiungono la fatidica età pensionabile senza maturare la carriera contributiva minima per ottenere la pensione. In questi casi, l’assegno sociale rappresenta un’ancora di sostegno, poiché consente di ricevere comunque una prestazione dall’INPS.
Va però ricordato che l’assegno sociale è una prestazione assistenziale.
Non richiede quindi requisiti contributivi, ma prevede limiti reddituali specifici.
L’assegno sociale integra il reddito del beneficiario e si ottiene a partire dai 67 anni. Si parla di “integrazione” perché l’importo varia fino a un tetto massimo stabilito annualmente dall’INPS: per il 2025 è pari a 538,69 euro al mese.
>Chi non ha altri redditi percepisce esattamente tale importo; chi invece ha redditi inferiori alla soglia riceve la differenza tra 538,69 euro e il proprio reddito mensile.
Non solo l’assegno sociale, ecco pure l’ADI
I limiti reddituali sono dunque l’unico requisito per rientrare nell’assegno sociale. Per i soggetti coniugati si considerano anche i redditi del coniuge:
- assegno sociale pieno se il reddito complessivo della coppia non supera 538,69 euro.
- assegno sociale parziale se il reddito complessivo è superiore a tale cifra ma non oltre il doppio (ossia 1.077,38 euro), in questo caso erogato come integrazione.
Chi percepisce l’assegno sociale, se non possiede altri redditi e non detiene patrimoni (o li ha nei limiti previsti dalla normativa), può ottenere anche l’Assegno di Inclusione (ADI). Quest’ultimo, infatti, non è incompatibile con molte altre prestazioni, così come non lo era il vecchio Reddito di cittadinanza.
Tra le prestazioni cumulabili con l’ADI rientra anche l’assegno sociale. L’ADI è una misura assistenziale che integra il reddito fino a 682,50 euro al mese, soglia massima prevista per gli over 67.