La crescita dell’economia italiana è oggetto di attenzioni da decenni anche fuori dallo Stivale per la prolungata stagnazione in cui si è infilata senza apparente via d’uscita. Basti pensare che dal 1992, anno che segna idealmente l’inizio della fine della Prima Repubblica, il nostro Pil è cresciuto solamente del 21,5% in termini reali. Stiamo parlando di un ritmo medio dello 0,6%. Ma vi siete mai chiesti come stavamo all’alba della nascita del Regno d’Italia? Sappiate che nel 1861 il Pil era di appena 4,5 milioni di euro. Va detto che non c’è totale coincidenza con l’attuale territorio nazionale. Il Veneto avrebbe fatto parte del Regno solo nel 1866, mentre il Trentino fu annesso nel 1920.
Per contro perdemmo definitivamente Istria e Dalmazia dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Crescita dell’economia italiana in cifre
Tralasciando questi aspetti, pur non secondari, sappiamo che gli italiani nell’anno dell’Unità disponevano di un Pil pro-capite stimabile in 2.267 euro in termini reali. Ovviamente, il dato tiene conto dell’inflazione italiana cumulata in questi 163 anni al 2024. In pratica, il Pil nominale risulta essersi moltiplicato per oltre 487.000 volte. Numeri pazzeschi, anche se spiegano poco di quanto effettivamente avvenuto in questo lungo lasso di tempo. La crescita dell’economia italiana è stata sì straordinaria sul piano storico, ma i numeri effettivi sono molto meno lunari di quanto pensiamo.
Ricchezza perduta con le due guerre mondiali
Tolta l’inflazione, infatti, il Pil reale si è moltiplicato “solo” per 30,7 volte. In media, al ritmo del 2,1% annuo. E il Pil pro-capite è aumentato ancora meno, tenuto conto che nel frattempo la popolazione residente è più che raddoppiata: per 13,6 volte, pari a una media annuale dell’1,6%.
E l’inflazione? In media è stata del 6,3% all’anno. Questo significa che quello che i prezzi al consumo si sono moltiplicati per più di 20.000 volte. Ma non è stato un processo lineare. La crescita dell’economia italiana risultava scarsa alla vigilia della Prima Guerra Mondiale: Pil pro-capite di appena il 50% in oltre mezzo secolo in termini reali. Era salito in media dello 0,77% all’anno.
Poi venne il fascismo. Il Pil pro-capite reale tra il 1922 e il 1939, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, era aumentato del 34%, cioè dell’1,7% medio. Non male, specie considerata la Grande Depressione che dagli Stati Uniti coinvolse l’Europa dalla fine degli anni Venti. Ma con l’entrata in guerra il regime dissipò ogni miglioramento. E il Pil pro-capite nel 1943, anno della sua caduta, si riportava esattamente ai livelli del 1922. Un ventennio perduto per le imprese belliche. Anzi, un trentennio, visto che gli stessi dati erano già stati raggiunti nel 1914, prima della Grande Guerra.
Miracolo economico
La storia cambia nuovamente a favore della crescita per l’economia italiana con la nascita della Repubblica. Pensate che dal 1946 in avanti il Pil pro-capite reale risulta essere aumentato del 2,9% medio. Un periodo di espansione del benessere come mai prima. E ancora più eclatante il fatto che tale boom si ebbe perlopiù nel corso della Prima Repubblica: +4,5% medio annuo.
Non a caso il periodo che va dagli anni Cinquanta agli anni Settanta è definito anche “miracolo economico”.
Crescita economia italiana con la Repubblica
Spesso dimentichiamo che il nostro attuale benessere sia stato creato nel giro di pochi decenni. Siamo portati a credere che si sia costruito attraverso una crescita costante dell’economia italiana. Non è così. I numeri non mentono. Se oggi siamo un Paese ricco, moderno e con un’aspettativa di vita tra le più lunghe al mondo, lo dobbiamo alle ultimissime generazioni, in particolare. Tendiamo a sottovalutare e finanche a disprezzare l’Italia che fu in bianco e nero dell’era moderna, come se tutto in quegli anni fosse stato sbagliato e alla base dei nostri attuali problemi. Ma tra decisioni giuste ed errori commessi, l’Italia del benessere fu costruita nel secondo dopoguerra.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

