Dalla Romagna al Salento, dalla Toscana al Lazio, il calo di turisti si nota in molti casi a colpo d’occhio nelle località di mare. Si parla di presenze fino ad un terzo in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. I fine settimana vanno un po’ meglio, ma non bastano a compensare gli ombrelloni rimasti chiusi nei giorni feriali. Le presenze straniere compensano solo parzialmente quelle italiane. La capacità di spesa delle famiglie tedesche, svizzere, austriache e americane è senz’altro maggiore. Resta il fatto che nel complesso il saldo sia negativo.
Meno mare, più montagna
Se il mare sta andando male, la montagna è più gettonata.
Bisognerà attendere i dati a fine stagione e dopodiché si tireranno le somme. Probabile che vi sia in corso un cambiamento culturale, una diversificazione delle mete vacanziere rispetto alle mode consolidate. Ma che il calo dei turisti stia coincidendo con i forti aumenti dei prezzi nei lidi, è assodato. Non si tratta di assegnare colpe, ma di analizzare la situazione.
Ci sono stati rincari legati ai maggiori costi. Per quelli le imprese non ci possono fare nulla, se non cercare proprio di tagliare le spese, anche se non sempre è possibile o consigliabile. Altri rincari, invece, sono la semplice risultanza di una categoria che si era messa in testa di poter alzare le tariffe di anno in anno, confidando nella tenuta della domanda. Il calo dei turisti italiani smentisce questo assunto. Ed è una batosta per chi pensava di poter restare indefinitamente al riparo dalle leggi del mercato grazie all’opera di lobbismo svolta in questi anni.
Lobbismo non salva la stagione
Le concessioni balneari vengono rinnovate da svariati decenni per diritto divino. Il legislatore è complice nell’impedire l’ingresso di nuovi imprenditori sul mercato, così da restringere la concorrenza. E questo ha portato, specie in alcune aree del Paese, a servizi scadenti e tariffe alle stelle. Le famiglie hanno girato i tacchi. Se le leggi dello stato pone limitazioni al mercato, ci pensa l’economia a rianimarlo. Diceva Luigi Einaudi, primo presidente della Repubblica, che “la concorrenza si fa con i piedi”. Un modo per ribadire l’importanza dei consumatori nello spostarsi da un offerente all’altro per stimolare la competizione.
La lezione è servita. Il calo dei turisti non è un fatto attribuibile esclusivamente al ridotto potere di acquisto degli stipendi. Il problema esiste, lo confermano tutte le statistiche nazionali ed estere. Tuttavia, esso ha contribuito a determinare una reazione alla crescita smodata dei prezzi. Il Salento ormai si pensava la Costa Smeralda, tanto per fare un esempio. Non che sia meno bella, ma è la tipologia del turismo ad essere diversa e ad imporre un’altra strategia di prezzo e di prodotto agli imprenditori.
Calo dei turisti brusco risveglio per imprenditori
Da questo punto di vista, si tratterebbe di un calo dei turisti salutare. I prezzi a stagione in corso non stanno scendendo, c’è il rifiuto mentale di molti ad adeguarsi alle condizioni del mercato. Questo esiste quasi solo in una visione unilaterale, raramente per alzare le paghe ai dipendenti stagionali o per praticare una politica dei prezzi prudente. Ma il legislatore non può decidere chi deve andare in vacanza dove. La realtà si è già imposta sull’illusione di sfuggire alle leggi del mercato.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

