La guerra è finita, cantavano i Baustelle, ma la realtà dei fatti è ben diversa. Purtroppo la parola fine è tutt’altro che vicina, nonostante Trump si compiaccia di aver interrotto quella con l’Iran e si autocandidi come premio Nobel per la pace. Le due principali guerre che continuano a occupare l’agenda geopolitica internazionale – il conflitto tra Russia e Ucraina e quello tra Israele e Hamas – si trovano entrambe in una fase di stallo militare e negoziale. Sebbene non siano cessate le iniziative diplomatiche, i tentativi di mediazione non hanno, almeno per ora, prodotto risultati concreti in termini di cessate il fuoco o risoluzioni politiche.
Di seguito lo stato dei due fronti aggiornato a fine luglio 2025.
Incontri tra Russia e Ucraina: nessuna tregua all’orizzonte
Nel conflitto russo-ucraino, le parti hanno tenuto due incontri diretti a Istanbul, il 16 maggio e il 2 giugno 2025. I colloqui si sono concentrati principalmente su scambi di prigionieri di guerra e sul rimpatrio delle salme, ma non sono stati accompagnati da alcuna apertura verso una tregua o una sospensione delle operazioni militari. La posizione ucraina resta ancorata alla richiesta di ritiro totale delle truppe russe e alla restituzione dei territori occupati, mentre Mosca continua a porre condizioni ritenute inaccettabili da Kiev, come il disarmo dell’Ucraina, l’abbandono delle aspirazioni euro-atlantiche e l’accettazione di un controllo russo diretto o indiretto su aree strategiche del Paese.
La distanza tra le due visioni è tale che, secondo fonti diplomatiche, la possibilità di un tavolo politico vero e proprio resta remota. Il governo ucraino ha formalmente proposto un faccia a faccia tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin, ma il Cremlino ha finora ignorato l’invito.
Al momento, l’unica funzione effettiva degli incontri di Istanbul sembra essere quella di mantenere attivi i canali umanitari, senza reali progressi sul fronte militare o politico.
Guerra Israele-Hamas: tregua possibile ma negoziati bloccati
Anche sul fronte israelo-palestinese gli sforzi diplomatici sono in corso ma appaiono privi di slancio. Un incontro preliminare si è svolto in Sardegna, con la partecipazione di delegati israeliani, rappresentanti del Qatar e l’inviato statunitense Steve Witkoff. L’obiettivo era avviare una nuova fase negoziale che potesse portare a una tregua prolungata nella Striscia di Gaza, legata principalmente a uno scambio di ostaggi e a una graduale de-escalation militare.
Hamas ha avanzato una proposta comprendente una clausola per impedire a Israele di riprendere le operazioni militari dopo un eventuale cessate il fuoco di 60 giorni. Tale condizione è stata giudicata irricevibile da Tel Aviv e Washington, che accusano Hamas di non agire in buona fede. Di conseguenza, le delegazioni di Stati Uniti e Israele si sono ritirate dal tavolo negoziale a Doha, bloccando di fatto ogni ulteriore passo avanti. L’Egitto e il Qatar restano attivi nel tentativo di mediazione, ma non ci sono segnali concreti di ripresa del dialogo.
In entrambi i contesti, la diplomazia appare attiva ma inefficace. In Ucraina, si registrano solo progressi di tipo umanitario, con l’ulteriore aggravante che il fronte bellico resta molto attivo.
In Medio Oriente, i contatti multilaterali si scontrano con veti reciproci e sospetti profondi, impedendo anche una tregua limitata nel tempo. Il coinvolgimento di attori terzi come Stati Uniti, Qatar ed Egitto non è bastato a superare le resistenze reciproche. Da un punto di vista economico e strategico, entrambe le guerre continuano ad avere un impatto destabilizzante: sul piano delle forniture energetiche, delle rotte commerciali, della sicurezza regionale e della spesa militare. Inoltre, il protrarsi dei conflitti rende più difficile ogni tentativo di ricostruzione o di rilancio economico nei territori colpiti.
Tra guerra ed economia
Le due principali guerre che continuano a occupare l’agenda geopolitica internazionale – il conflitto tra Russia e Ucraina e quello tra Israele e Hamas – si trovano entrambe in una fase di stallo militare e negoziale. Sebbene non siano cessate le iniziative diplomatiche, i tentativi di mediazione non hanno, almeno per ora, prodotto risultati concreti in termini di cessate il fuoco o risoluzioni politiche. Di seguito lo stato dei due fronti aggiornato a fine luglio 2025.Nel conflitto russo-ucraino, le parti hanno tenuto due incontri diretti a Istanbul, il 16 maggio e il 2 giugno 2025.
I colloqui si sono concentrati principalmente su scambi di prigionieri di guerra e sul rimpatrio delle salme, ma non sono stati accompagnati da alcuna apertura verso una tregua o una sospensione delle operazioni militari. La posizione ucraina resta ancorata alla richiesta di ritiro totale delle truppe russe e alla restituzione dei territori occupati, mentre Mosca continua a porre condizioni ritenute inaccettabili da Kiev, come il disarmo dell’Ucraina, l’abbandono delle aspirazioni euro-atlantiche e l’accettazione di un controllo russo diretto o indiretto su aree strategiche del Paese.
La distanza tra le due visioni è tale che, secondo fonti diplomatiche, la possibilità di un tavolo politico vero e proprio resta remota. Il governo ucraino ha formalmente proposto un faccia a faccia tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin, ma il Cremlino ha finora ignorato l’invito. Al momento, l’unica funzione effettiva degli incontri di Istanbul sembra essere quella di mantenere attivi i canali umanitari, senza reali progressi sul fronte militare o politico.
Anche sul fronte israelo-palestinese gli sforzi diplomatici sono in corso ma appaiono privi di slancio. Un incontro preliminare si è svolto in Sardegna, con la partecipazione di delegati israeliani, rappresentanti del Qatar e l’inviato statunitense Steve Witkoff. L’obiettivo era avviare una nuova fase negoziale che potesse portare a una tregua prolungata nella Striscia di Gaza, legata principalmente a uno scambio di ostaggi e a una graduale de-escalation militare.
Hamas ha avanzato una proposta comprendente una clausola per impedire a Israele di riprendere le operazioni militari dopo un eventuale cessate il fuoco di 60 giorni. Tale condizione è stata giudicata irricevibile da Tel Aviv e Washington, che accusano Hamas di non agire in buona fede. Di conseguenza, le delegazioni di Stati Uniti e Israele si sono ritirate dal tavolo negoziale a Doha, bloccando di fatto ogni ulteriore passo avanti. L’Egitto e il Qatar restano attivi nel tentativo di mediazione, ma non ci sono segnali concreti di ripresa del dialogo.
Bilanci diplomatici parziali e rischio di impasse strutturale
In entrambi i contesti, la diplomazia appare attiva ma inefficace. In Ucraina, si registrano solo progressi di tipo umanitario, con l’ulteriore aggravante che il fronte bellico resta molto attivo. In Medio Oriente, i contatti multilaterali si scontrano con veti reciproci e sospetti profondi, impedendo anche una tregua limitata nel tempo. Il coinvolgimento di attori terzi come Stati Uniti, Qatar ed Egitto non è bastato a superare le resistenze reciproche. Da un punto di vista economico e strategico, entrambe le guerre continuano ad avere un impatto destabilizzante: sul piano delle forniture energetiche, delle rotte commerciali, della sicurezza regionale e della spesa militare. Inoltre, il protrarsi dei conflitti rende più difficile ogni tentativo di ricostruzione o di rilancio economico nei territori colpiti.
Riassumendo.
- I negoziati tra Russia e Ucraina non portano a tregua: solo accordi su prigionieri e salme.
- Il dialogo tra Israele e Hamas è bloccato: le parti restano distanti sulla clausola di fine ostilità.
- Le guerre causano effetti economici prolungati: crisi logistiche, spesa pubblica militare e freno agli investimenti.

