Con la 104 si ha diritto alla fila prioritaria? Come canta Renato Zero con il brano La mia carezza: “In cima alle priorità il tuo mondo e se a soffiare siamo in due è meglio, lo stesso ossigeno io e te. Gli inevitabili perché l’irrefrenabile bisogno di gridare. Non ti farò mancare mai il mio sguardo”.
Queste parole ci ricordano quanto sia fondamentale mettere al centro le esigenze di chi vive situazioni di difficoltà o fragilità.
Proprio in tale ambito si inserisce la legge 104. Quest’ultima, infatti, è pensata per tutelare le persone con disabilità e i loro familiari, mettendo in campo una serie di agevolazioni, tra cui spesso si parla del diritto alla fila prioritaria.
Ma questo diritto è sempre garantito? In quali contesti si può effettivamente usufruire di questa priorità? Scopriamo insieme quali sono le regole e i limiti per accedere alla fila prioritaria con la 104, per far valere i propri diritti in modo consapevole e corretto.
Con la 104 hai diritto alla fila prioritaria sempre?
Parlare di priorità, quando si tratta di disabilità, significa andare oltre le semplici cortesia o abitudini sociali. Vuol dire, infatti, riconoscere bisogni concreti, a volte urgenti, che impattano sulla possibilità stessa di accedere ai servizi. Una domanda che spesso si pongono le persone con disabilità o i loro caregiver è proprio questa: avere il riconoscimento della Legge 104 dà diritto a saltare la fila?
La risposta non è immediata e non si trova all’interno del testo della Legge 104. Infatti la normativa del 1992 non prevede in modo esplicito un diritto assoluto alla precedenza nelle code, ma ciò non significa che tale diritto sia infondato.
Esistono altri riferimenti normativi, più recenti e altrettanto vincolanti, che riconoscono e tutelano questa possibilità come espressione di un principio più ampio, basato sull’accessibilità concreta e sulla parità di trattamento sostanziale.
Sebbene la Legge 104 non indichi espressamente che una persona con disabilità possa saltare la fila, infatti, il Decreto Legislativo numero 62 del 2024 ha introdotto un concetto fondamentale all’interno della stessa normativa, ovvero l’accomodamento ragionevole. Si tratta dell’obbligo, per enti pubblici e soggetti privati, di adottare misure utili ad agevolare concretamente l’accesso ai diritti e ai servizi da parte delle persone con disabilità, a patto che non comportino un onere sproporzionato.
Evitare una lunga attesa in piedi, in ambienti affollati, stressanti o poco accessibili, rappresenta esattamente quel tipo di misura semplice ed efficace che rientra tra gli accomodamenti ragionevoli. Per questo, chiedere di avere la precedenza nella fila è legittimo, poiché si rivela essere una richiesta fondata, non un privilegio.
Quando l’attesa diventa una barriera è possibile chiedere la precedenza?
Una coda può essere un disagio per chiunque, ma per chi convive con una condizione di disabilità può trasformarsi in una barriera vera e propria. Basti pensare a chi è alle prese con difficoltà motorie, problemi respiratori, malattie croniche che causano affaticamento. O disturbi di varia natura per cui l’ambiente affollato e l’attesa sono fonte di forte stress.
Imporre alle persone alle prese con queste tipologie di difficoltà di fare la fila può diventare una forma di discriminazione indiretta. A stabilirlo non è solo il buon senso, ma anche la Legge numero 67 del 2006, che vieta trattamenti apparentemente neutri che mettono però una persona con disabilità in una situazione di svantaggio rispetto agli altri.
È possibile quindi chiedere la precedenza? Ebbene, la risposta è affermativa nel caso in cui la propria condizione lo giustifichi. A tal fine è possibile far valere i principi dell’accomodamento ragionevole e della non discriminazione. Il tutto avendo l’accortezza di porre la richiesta con fermezza e chiarezza, ma anche con il rispetto dovuto al contesto e agli operatori. Spesso basta spiegare che, per il soggetto interessato, l’attesa può causare un disagio serio e che concedere l’accesso anticipato è una misura semplice e ragionevole.
Come devono comportarsi gli esercizi pubblici o privati?
Uffici, ambulatori, banche, supermercati o qualsiasi altro luogo aperto al pubblico non possono ignorare tale tipo di richiesta. Hanno il dovere di valutarla e, se non comporta un onere eccessivo, di accoglierla. Trovare una soluzione, come un accesso prioritario o l’attesa in una zona riservata, non solo è possibile, ma è spesso obbligatorio.
Un rifiuto senza una motivazione concreta può configurare una discriminazione e, in tal caso, la persona ha il diritto di agire per vie legali. In caso di rifiuto ingiustificato è possibile agire per vie legali nei confronti di chi mette in atto comportamenti discriminatori. A tal fine si consiglia di rivolgersi ad un avvocato specializzato o ad un’associazione per la tutela dei diritti delle persone con disabilità.
Pur non sancendo espressamente il diritto a saltare la fila, la Legge 104 si inserisce oggi in un quadro normativo più ampio e moderno. E che grazie a strumenti giuridici come l’accomodamento ragionevole e la tutela antidiscriminatoria, orienta verso un riconoscimento concreto di questo diritto nei casi giustificati.
Se la propria disabilità rende gravosa o impossibile l’attesa, infatti è possibile legittimamente chiedere di avere la precedenza. Conoscere questo diritto significa difendere la propria dignità e accessibilità ed è anche un passo importante verso una società più giusta e inclusiva.
In cui le priorità non si misurano in numeri di biglietto, ma nel rispetto delle persone.