Un risultato politico pesante la premier Giorgia Meloni lo ha già ottenuto con la partecipazione al XX Congresso confederale della CISL. Ha accolto l’invito della segretaria Daniela Fumarola per sottoscrivere un “patto della responsabilità” tra governo, sindacati e imprenditori. E al Palazzo dei congressi a Roma, la premier ha rivendicato in questi 1.000 giorni di governo di avere convocato le parti sociali, lodando il sindacato cattolico, che nella sua storia ha sempre scelto il confronto al posto dello scontro. Applausi dalla platea, a conferma che la sintonia non è solo personale tra le due leader.
Meloni elogia CISL
In particolare, Meloni ha ricordato che la CISL già nel 1984 condivise il decreto di San Valentino, quello con cui il governo Craxi abolì di fatto la “scala mobile“ per i salari.
E nel 2002 concordò anche con il governo Berlusconi sulla legge Biagi. Entrambe le iniziative legislative portarono alla barbara uccisione dei rispettivi economisti che vi stavano dietro per mano delle Brigate Rosse: Enzo Tarantelli e Marco Biagi.
Il patto della responsabilità per la premier dovrebbe partire da un assunto imprescindibile: salari e produttività sono intrinsecamente legati tra loro. Nel concreto, il governo vorrebbe potenziare la contrattazione di secondo livello, quella cioè tra Rsa e aziende. La CISL concorda, mentre CGIL e UIL no. La frattura nel mondo sindacale si è fatta palese con il referendum di giugno. I quesiti sul lavoro furono presentati proprio dalla CGIL di Maurizio Landini, mentre la UIL ne ha appoggiati solo due senza fare campagna attiva. Fumarola ha avuto una posizione netta contraria: “sui temi complessi non si decide per via referendaria”, ha sostenuto la segretaria.
Bassi stipendi tema centrale
Il sindacato cattolico ha portato a casa la nomina di Luigi Sbarra a sottosegretario per la presidenza del Consiglio con delega al Mezzogiorno, nonché la legge sulla partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa. Ma il tema dei temi resta quello dei bassi stipendi. Percezione comune e dati ufficiali nazionali e internazionali concordano come su nessun altro ambito. I lavoratori italiani sono mal pagati. Il boom dell’occupazione, al record del 63%, non può bastare a considerare in forma il mercato del lavoro.
Sul patto della responsabilità si gioca la grande sfida dell’Italia per i prossimi decenni. La politica deve mostrarsi all’altezza e non limitarsi agli slogan. Perdiamo decine di migliaia di “cervelli”, che ogni anno fuggono all’estero in cerca di occasioni di lavoro meglio retribuite e con maggiori prospettive di carriera. Risorse umane che perdiamo dopo averle istruite per decenni. Ci sono responsabilità comuni. Il sindacato non ha mai condiviso la logica del merito, optando per quella distributiva. Poco a tutti, pur di non discriminare nessuno. Le imprese dal canto loro hanno puntato eccessivamente sul basso costo del lavoro e innovano troppo poco, complici le scarse dimensioni medie.
Patto della responsabilità urgente
Ma se pensiamo che basti un accordo a Roma per risolvere i problemi del lavoro a Treviso come a Ragusa, il patto della responsabilità è destinato al flop prima ancora di essere siglato.
Non serve un’azione accentratrice di matrice dirigista, bensì un accordo che dia maggiori margini di manovra alle rappresentanze aziendali per garantire una contrattazione più vicina alle esigenze dei lavoratori nei territori. L’occasione c’è ed è storica. Meloni gode di ottime relazioni con Confindustria da una parte e da tempo con CISL dall’altra. L’ideale sarebbe che altre sigle rinunciassero a posizioni preconcette e unissero i loro sforzi nella battaglia comune per migliorare stipendi e qualità del lavoro. E possibilmente in fretta, visto che i lavoratori non possono attendere ulteriori anni di chiacchiere.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

