Domenica 20 luglio il Giappone rinnova la sua Camera alta e alla vigilia dell’appuntamento elettorale c’è tensione sui mercati finanziari. Ieri, il rendimento decennale è salito all’1,599%, ai massimi dal 2008. Record storico per il trentennale al 3,21%. E dire che la curva dei tassi viene tenuta sotto controllo dalla banca centrale. Il primo ministro Shigeru Ishiba sta cercando di convincere gli investitori che non taglierà le tasse in deficit, cercando di resistere alle sirene delle opposizioni che chiedono anche aumenti della spesa pubblica. Un po’ troppo per uno stato con un debito pubblico sopra il 250% del Pil. E l’allarme lanciato in questi mesi dal prezzo del riso ha evidenziato le caratteristiche di quella che potremmo definire a tutti gli effetti una nuova “trappola giapponese”.
Prezzo del riso raddoppiato
Nel mese di maggio il prezzo del riso risultava sostanzialmente raddoppiato su base annua, segnando una crescita del 98,4%. Da alcune settimane la situazione sta migliorando, anche se una confezione da 5 kg resta sopra i 4.000 yen, qualcosa come più di 4,60 euro al kg. Trattasi della pietanza principale per il Sol Levante. L’inflazione nello stesso mese si attestava al 3,5% e quella “core” al 3,7%. Numeri superiori al target del 2% fissato dalla banca centrale e relativamente alti per un’economia alle prese con il problema opposto della deflazione per decenni.
Fino a qualche anno fa parlavamo di trappola giapponese per definire quel fenomeno per cui il taglio dei tassi di interesse non offriva più alcun sostegno all’economia domestica. Adesso, sta assumendo un significato assai diverso. La Banca del Giappone avrebbe tutti i motivi di questo mondo per alzare i tassi, ancora fermi allo 0,50%. L’inflazione è alta e il cambio contro il dollaro perde il 28% nell’ultimo quinquennio. Perché non lo fa? Per i numeri con cui abbiamo iniziato l’articolo.
I rendimenti stanno salendo velocemente. E ancora l’istituto detiene oltre la metà dei titoli di stato emessi. Se alzasse i tassi, i rendimenti esploderebbero. Si rischia una crisi fiscale.
Sintomi di crisi fiscale
Il Giappone spenderà quest’anno 10.500 miliardi di yen, circa 70 miliardi di dollari, per pagare gli interessi sul debito. Una cifra contenuta all’1,5% del Pil. A titolo di confronto, in Italia sfiora il 4% e con un rapporto debito/Pil pari alla metà. Vi immaginate se Tokyo si avvicinasse ai livelli italiani con un disavanzo in partenza sopra il 4% del Pil? Questa è la trappola giapponese di cui parlavamo. Per il governatore Kazuo Ueda fare la cosa logica non equivale a fare la cosa giusta. I rischi non riguardano il solo Giappone. Il “carry trade“ lanciò già un allarme agli inizi dell’agosto scorso, quando la Borsa di Tokyo crollò in una sola seduta di oltre il 12%.
In apparenza, nulla giustificò il tonfo peggiore dal 1987. C’era il sentore, però, che i tassi nipponici sarebbero saliti. Ciò fece apprezzare lo yen e i capitali presi in prestito negli anni dei tassi negativi per essere investiti all’estero, iniziarono a rientrare precipitosamente.
Una manovra che non favorì neppure la stessa Tokyo, forse per effetto dei disinvestimenti necessari per restituire i prestiti. Fatto sta che alla fine dello scorso anno, il Giappone possedeva 3.700 miliardi di dollari di posizione finanziaria netta con l’estero. In sostanza, i giapponesi sono principali creditori insieme ai tedeschi verso il resto del mondo.
Trappola giapponese rischiosa per economia mondiale
Questo dato ha sinora alleviato i timori per l’eccesso di debito pubblico. In questa fase, svela la vulnerabilità del sistema finanziario globale. Un rialzo dei tassi a Tokyo, magari accompagnato da un taglio dei tassi negli USA, accentuerebbe i deflussi dall’Occidente all’Asia. Le vendite sarebbero enormi a Wall Street, in particolare, e ai danni dell’obbligazionario europeo. La maggiore liquidità sul mercato americano con l’allentamento monetario compenserebbe solo in parte. La trappola giapponese non riguarda più il solo Sol Levante, bensì l’economia mondiale nel suo complesso. Da una ciotola di riso si può scatenare l’inferno.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

