La povertà cresce. Milioni di famiglie in Italia vivono in condizioni tali da essere costrette a chiedere, e talvolta ottenere, aiuti dallo Stato. Secondo l’ultimo rapporto Oxfam pubblicato a inizio 2025, in Italia ci sono solo 71 super ricchi che detengono un patrimonio complessivo di oltre 270 miliardi di euro.
Le disuguaglianze sociali sono in costante aumento: circa il 70% della ricchezza nazionale è nelle mani del 10% della popolazione. Ma molti tra questi iper ricchi non vivono più in Italia. Hanno trasferito la propria residenza fiscale all’estero, in Paesi come la Svizzera, ma anche in altri contesti più vantaggiosi sotto il profilo fiscale.
Perché succede questo? La risposta è semplice: i super ricchi vanno a vivere all’estero per pagare meno tasse. Questo è il motivo principale, anche se non è l’unico.
Ricchi italiani vanno a vivere in Svizzera o in altri Paesi: ecco dove, perché e che tasse pagano
Dopo aver citato il rapporto Oxfam, passiamo ora a un altro studio, questa volta realizzato da Unimpresa. Secondo quanto riportato dal quotidiano economico Milano Finanza, oltre 73.000 cittadini italiani risultano trasferiti all’estero negli ultimi 10 anni, in gran parte in Paesi dove la fiscalità è meno opprimente rispetto a quella italiana.
In Italia, infatti, si tassa praticamente tutto: case, automobili, redditi, conti in banca, pensioni, perfino i televisori domestici. Le aliquote fiscali sono tra le più alte d’Europa: basti pensare all’IRPEF, dove su ogni 1.000 euro di reddito, un italiano può arrivare a pagarne 230 allo Stato (23%).
Ecco perché in molti trovano una via d’uscita nel trasferirsi altrove. Secondo lo studio di Unimpresa, nel decennio 2013-2023, la Svizzera ha accolto 51.000 italiani residenti.
Ma non si tratta di semplici espatriati: molti di questi producono redditi in Italia, ma li tassano all’estero.
Oltre alla Svizzera, anche Montecarlo, Portogallo, Singapore, Panama, Emirati Arabi e Tunisia sono tra le mete privilegiate. Si tratta spesso di paradisi fiscali o comunque di Paesi con regimi agevolati, dove si pagano molte meno tasse rispetto all’Italia.
Ecco i dati e perché si fugge dal Fisco italiano
Secondo quanto emerge dai dati diffusi da Milano Finanza, i residenti italiani in Svizzera nel periodo 2013–2023 hanno dichiarato oltre 3,3 miliardi di euro di reddito. Ma, come già accennato, non c’è solo la Svizzera.
Montecarlo, ad esempio, ha accolto quasi 3.000 italiani nello stesso periodo. E poi ci sono Paesi con attrattiva fiscale e climatica, come Portogallo, Tunisia, Singapore, Emirati Arabi, Panama, tutti scelti da chi cerca minore pressione fiscale.
Ma la fuga fiscale non riguarda solo i ricchi. Anche i pensionati decidono di trasferirsi per godere di una qualità della vita migliore, con pensioni che in Italia non bastano a vivere dignitosamente. In questi casi, la scelta ricade su Paesi dove il costo della vita è inferiore rispetto all’Italia, ma anche dove il clima è più mite: Cipro, Malta e Tunisia sono tra le mete più ambite.
Naturalmente, non si può pensare di vivere con una pensione italiana a Zurigo o Berna, dove il tenore di vita è altissimo.
Ma altrove, una pensione italiana può ancora garantire una vita dignitosa.
I ricchi se ne vanno in Svizzera, ma non solo – e forse fanno bene
Fatto sta che i ricchi italiani che si trasferiscono all’estero con residenza fiscale fuori dai confini nazionali, contribuiscono a ridurre la base imponibile dello Stato italiano. In pratica, meno tasse da riscuotere per il Fisco.
E se si parla di svariati miliardi di euro di reddito prodotti in Italia ma tassati altrove, il danno è significativo. Basti pensare che su 3 miliardi di euro di reddito prodotti da questi iper ricchi, lo Stato italiano avrebbe incassato 1,3 miliardi solo di IRPEF. L’aliquota al 43% si applica infatti a chi ha redditi superiori ai 50.000 euro annui.
In conclusione, si tratta di una vera e propria fuga fiscale. Ma, al di là delle considerazioni morali o ideologiche, va riconosciuto che versare circa la metà del proprio reddito allo Stato — come accade in Italia — non è facile da accettare. E forse, in alcuni casi, è persino una forma di ingiustizia.