La lettera inviata dal presidente americano Donald Trump all’Unione Europea ha avuto un contenuto peggiore delle aspettative già scarse dopo il trattamento riservato al Canada. Sabato, la Casa Bianca ha annunciato che dall’1 agosto i dazi sulle merci importate dall’UE saliranno al 30%. Tuttavia, ha aperto alle trattative fino a quel giorno. Una mazzata, considerato che si tratterebbe di triplicare le barriere tariffarie rispetto a quelle già quadruplicate dal 2 aprile scorso.
Nessuna rappresaglia UE, per ora
Bruxelles si trova adesso a decidere il tipo di reazione da tenere verso l’alleato americano. Ieri, si è tenuta una riunione tra i 27 ambasciatori degli stati membri al Coreper. Due le ipotesi iniziali: dazi europei mirati contro alcuni prodotti di punta dell’economia americana come jeans Levi’s, burro d’arachidi e Harley Davidson.
E si valutano restrizioni all’export negli USA di rottami di alluminio. C’è poi la possibilità che nel mirino finisca la Big Tech con restrizioni all’operatività nel nostro continente.
Ma la reazione ai dazi del 30% può andare oltre. Bruxelles ventila l’uso dello strumento anti-coercizione. Si tratta della risposta che esiterebbe contro azioni esterne volte a modificare le decisioni di politica economica o normative di uno stato membro o dell’intera UE. Fonti comunitarie hanno fatto sapere, però, che per il momento “non siamo a quel punto”. Cosa accadrebbe se lo strumento venisse attivato? Scatterebbero limitazioni stringenti a carico di imprese e investitori dagli USA. Ad esempio, non potrebbero più accedere agli appalti pubblici e possibilmente verrebbe loro impedito di investire nell’UE, specie in aziende controllate dallo stato.
Italia e Germania contro guerra commerciale
Cosa succederà nelle prossime settimane? Italia e Germania guidano il fronte dei prudenti, la Francia dei battaglieri. Le prime hanno da perdere molto di più in una “guerra” commerciale. Per questo sostengono la Commissione nelle misure appena prese in considerazione, pur invitandola a proseguire nel negoziato con gli USA. L’obiettivo sarebbe abbassare i dazi dal 30% al 10% sinora vigente. Ormai ridotte al lumicino le probabilità di tornare a prima del 2 aprile, quando la tariffa media applicata dagli USA sulle merci UE era al 2,4%. E l’idea di un azzeramento reciproco dei dazi sembra sfumata definitivamente.
C’è da dire che Trump usa la tattica negoziale dei sindacali: sparare 100 per ottenere 50. Anche per questo i mercati finanziari non stanno andando in subbuglio questa mattina. Hanno imparato a discernere tra boutade e misure definitive. Da qui all’1 agosto c’è tutto il tempo per trattare. Già, ma su cosa? Gli alleati europei hanno già concesso l’aumento della spesa militare al 5% del Pil. Con una sola mossa Washington ha ottenuto uno sgravio delle proprie spese per la difesa e la vendita di tecnologie e armamenti all’UE.
Con dazi al 30% UE valuta minore dipendenza da USA
Un altro capitolo sensibile è relativo a gas e petrolio. Gli States vogliono aumentare le esportazioni nell’UE, cosa che già avviene da tempo. La minaccia dei dazi al 30% serve forse a potenziare tali accordi? Dalla reazione quasi impercettibile in queste ore sembra che i mercati restino fiduciosi su una soluzione positiva. Di certo c’è che l’incertezza rimarrà elevata, non solo fino a tutto luglio. Il metodo trumpiano sarà lo stesso nei mesi e anni successivi: seminare caos per cercare di raccogliere il massimo per l’interesse americano.
L’annuncio di sabato suona per Bruxelles come l’ennesima conferma della necessità di allentare la dipendenza dall’alleato d’Oltreoceano.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

