La curva dei rendimenti in Francia somiglia ormai tantissimo a quella italiana. Le distanze sul tratto medio-lungo si sono ristrette a meno di 20 punti base, cioè lo 0,20%. Non erano state così infime sin dalla primavera del 2010, quando i mercati iniziano a prendere di mira i debiti del Sud Europa per scontarne l’accresciuto rischio sovrano dopo la crisi mondiale del 2008. Addirittura, sul tratto medio-breve si è registrato nelle ultime sedute uno storico sorpasso: i rendimenti francesi sono saliti sopra i livelli italiani, cosa che non si vedeva dai primi anni Duemila.
Rischio sovrano francese in crescita
Alla base di questo trend ci sono diverse cause.
In primis, i conti pubblici italiani migliorano; quelli francesi, no. Clamoroso che possa sembrare, per la prima volta dopo decenni c’è stabilità politica a Roma; a Parigi è il caos. I mercati temevano fortemente la destra italiana al governo, mentre si è rivelata più fiscalmente prudente dei governi “europeisti” precedenti. I numeri parlano da sé: nel 2024 il bilancio dell’Italia è tornato all’avanzo primario. Non accadeva dal 2019, anche se fino al Covid era la prassi.
Avanzo primario a Roma, deficit a Parigi
Cosa significa avanzo primario? Ogni anno lo stato con una mano spende per gestire i servizi pubblici ed erogare i sussidi e con l’altra incassa. Quando la spesa pubblica supera le entrate, si dice che siamo in deficit. Viceversa, abbiamo conti pubblici in attivo. Ma c’è una voce di spesa non direttamente controllabile dal governo: gli interessi sul debito pubblico. Scorporandola dal resto delle spese, otteniamo la spesa primaria. Confrontando quest’ultima con le entrate, avremo un avanzo o un disavanzo primario.
Ebbene, l’Italia sin dai primi anni Novanta ha chiuso i bilanci quasi sempre in avanzo primario. Hanno fatto eccezione il 2009, anno della crisi finanziaria mondiale, così come gli anni della pandemia (2020-2023). Questo significa che lo stato riesce a chiudere il bilancio in attivo, a parte la spesa per interessi. Se per paradosso il debito sparisse, ogni anno le nostre entrate supererebbero le spese e chiuderemmo i conti in attivo. Ovviamente, il debito non sparisce insieme ai creditori e deve essere servito. Tuttavia, l’avanzo primario ci dà la misura dello stato di salute fiscale di una nazione.
Nel decennio scorso, in media l’Italia ha chiuso i conti con un deficit primario pari all’1,1% del Pil. In realtà, per 6 volte su 10 è riuscita a chiudere in attivo e fin quasi il 2% del Pil prima del Covid. Al contrario, la Francia ha sempre chiuso i conti con un deficit primario dopo il 2001. La media del decennio scorso è stata del -3%. E nel 2024 l’Italia segnava un +0,44%, mentre la Francia un pesante -3,74%. E’ vero che la spesa per interessi non è controllata direttamente dai governi, ma è influenzata dalle loro politiche fiscali. Più sono accorte e minore il rischio sovrano percepito sui mercati, con la conseguenza che i rendimenti dei titoli di stato scendono.


Rating ancora alti per Oat
Sta accadendo che gli investitori iniziano a stancarsi delle belle promesse di Parigi. Il risanamento fiscale non arriva mai, anzi è reso molto complicato dalle divisioni politiche e dalle forti resistenze a sinistra come a destra contro le riforme necessarie. I rendimenti francesi sono già saliti sopra i livelli spagnoli e alla pari a quelli greci. Vicinissimi ormai agli italiani, stanno diventando i più alti dell’Eurozona. I mercati scontano un rischio sovrano alla stregua di quello italiano, anche se persiste una disparità di rating non più giustificabile: AA-/AA-/Aa3 per gli Oat e BBB+/BBB/Baa3 per i BTp.
Rischio sovrano tra incertezze politiche e debito
Il gap si sta chiudendo anche con riferimento ai giudizi delle agenzie internazionali, pur essendo ancora elevato. Dobbiamo attenderci per i prossimi mesi ulteriori declassamenti per i primi e upgrade per i secondi. La Francia continua a mantenere l’unico vantaggio di uno stock del debito pubblico inferiore rispetto al Pil. E anche qui, però, le distanze si riducono. Sfioravano i 40 punti fino al 2008 e ancora fino alla pandemia, per quasi dimezzarsi in questa fase. Quel disavanzo primario estremamente negativo e la grande incertezza politica accrescono il rischio sovrano percepito per i titoli transalpini. Il vantaggio sui BTp è andato perduto.
giuseppe.timpone@investireoggi.it


