Se prima le probabilità erano alte, adesso sono totali: il taglio dei tassi di interesse nell’Eurozona a luglio non ci sarà. La guerra tra Israele e Iran è iniziata nella notte con attacchi mirati di Tel Aviv contro siti nucleari della Repubblica Islamica. Sono rimasti uccisi qualche scienziato che lavorava al programma di arricchimento dell’uranio e il capo dei pasdaran, Hossein Salami. L’ayatollah Khamenei ha promesso vendetta e il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha preparato i suoi concittadini a un periodo non breve di attacchi missilistici da parte del nemico.
Petrolio a 75 dollari, brutto segnale per inflazione
Il petrolio sui mercati internazionali si è impennato.
Un barile di Brent sfiora i 75 dollari, salito così ai massimi da inizio aprile. Era sceso nelle ultime settimane stabilmente sotto i 65 dollari. Si teme per il blocco dello Stretto di Hormuz, dove transitano quotidianamente non meno di 20 milioni di barili sulle petroliere. Già in passato l’Iran ne ha impedito il passaggio con attacchi alle navi. Gli USA si sono tirati fuori, anche se hanno ammesso di avere saputo dell’attacco imminente. Per conto loro stanno negoziando un accordo sul nucleare per evitare che la Repubblica Islamica lo usi per scopi bellici. Tuttavia, il presidente Donald Trump ha ribadito che intende arrivarci con il negoziato e non un confronto bellico.
La guerra tra Israele e Iran sta già avendo ripercussioni in borsa. Tokyo si accinge a chiudere a -1% e il futures sul Dow Jones segnala un’apertura in calo dell’1,30%. Nulla di drammatico, ma la tensione c’è e rischia di avere un grosso impatto per i prossimi mesi. La risalita del Brent è forse il segnale più minaccioso per le grandi economie mondiali. Esso rischia di disfare il lavoro delle banche centrali sui tassi, costringendole o a sospendere i tagli o, in qualche caso, a riprendere i rialzi. Un barile più costoso tende a riaccendere l’inflazione.
Accadde nel 2022 con la guerra tra Russia e Ucraina, che si accompagnò al boom delle quotazioni per il gas europeo.
Escalation grosso rischio per economia mondiale
C’è anche il rischio che la guerra tra Israele e Iran si allarghi al resto del Medio Oriente, coinvolgendo potenze regionali come l’Arabia Saudita. L’escalation è lo scenario più temuto. L’incertezza non gioverà di certo a diffondere fiducia tra famiglie e imprese. La crisi sta già diventando un test per capire come i mercati valutino il dollaro, oggetto di vendite nelle ultime settimane. In queste ore sta apprezzandosi, segno che sia considerato ancora un “safe asset”. Lo stesso dicasi per i Treasury, i cui rendimenti sono in lieve calo.
Guerra Israele Iran sostiene bond e oro
Giù anche i rendimenti europei, più marcatamente quelli tedeschi. Ciò sta allargando gli spread di qualche punto. Il decennale italiano offre al momento meno del 3,40%, ai minimi dal dicembre scorso. Il Bund sta dirigendosi verso la soglia del 2,40%.
Gli acquisti si stanno riversando sui bond per il clima di “risk-off” e con particolare vigore sul mercato sovrano della Germania. Inevitabile il boom dell’oro. La guerra tra Israele e Iran è l’ultimo stimolo all’investimento sul metallo, schizzato sopra 3.420 dollari. Il record storico prossimo ai 3.500 dollari venne toccato nell’aprile scorso nel mezzo del caos dazi.
giuseppe.timpone@investireoggi.it


