Quando si parla di permessi legge 104 e possibili abusi la situazione non è sempre così netta. Come canta Francesco Renga con il brano Era una vita che ti stavo aspettando: “E se fossi tu l’unico rimedio per non cadere dentro i soliti errori, che ogni volta non riusciamo a evitare”.
Allo stesso modo, nel mondo del lavoro, non sempre un errore comporta conseguenze drastiche.
Anche nel contesto dei permessi previsti dalla legge 104, infatti, non tutti gli utilizzi impropri portano necessariamente a conseguenze drastiche come il licenziamento. In particolare di seguito vedremo assieme come funziona l’abuso parziale, quali criteri determinano la gravità della violazione e in quali casi il lavoratore può ancora mantenere il posto senza rischiare sanzioni estreme.
La finalità della legge 104
La Legge 104 del 1992 è un punto di riferimento importantissimo per chi assiste un familiare alle prese con uno stato di disabilità. Tra le varie tutele garantite si annoverano i permessi retribuiti che consentono al lavoratore di prendersi cura del proprio caro senza temere conseguenze sul piano professionale.
Tuttavia, proprio perché si tratta di un diritto così delicato, la legge viene spesso messa alla prova nei tribunali quando sorgono sospetti di abuso. Da un lato, infatti, c’è l’esigenza del datore di lavoro di evitare comportamenti scorretti; dall’altro c’è la necessità di salvaguardare un diritto che ha un impatto profondo sulla vita delle persone coinvolte.
104, quando l’abuso è solo parziale (ed evita il licenziamento)
Quando si parla di abuso parziale dei permessi 104, ricordiamo, ci si riferisce a situazioni in cui l’uso scorretto dei giorni concessi per assistere un familiare disabile avviene in modo sporadico e non sistematico. In questi casi il quadro normativo e l’orientamento dei tribunali offrono margini di valutazione, per cui l’errore può essere considerato lieve o circoscritto, evitando la perdita del posto di lavoro. In particolare una recente decisione del Tribunale di Bologna ha ribadito un principio importante, ovvero se l’abuso dei permessi è solo parziale, il licenziamento non può scattare in automatico.
La sentenza numero 731 del 2025 ha preso in esame il caso di un custode che usufruiva dei permessi per assistere un familiare non autosufficiente. L’azienda, sospettando un uso scorretto, ha incaricato un investigatore privato. Sulla base delle prove raccolte, ha poi deciso di procedere con il licenziamento per giusta causa, accusando il lavoratore di aver usato i permessi per scopi personali. Il giudice, però, ha ribaltato la decisione. Pur riconoscendo che il custode aveva commesso delle irregolarità, ha stabilito che si trattava di un abuso parziale e soprattutto non sistematico. Di conseguenza la misura del licenziamento non era proporzionale alla condotta.
Perché il licenziamento non è automatico
Il cuore della decisione è da rinvenire proprio nel principio di proporzionalità. Non tutti gli errori hanno lo stesso peso e le sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti. Secondo il Tribunale un abuso occasionale dei permessi non equivale a un comportamento fraudolento o reiterato.
Perciò, in situazioni simili, il datore di lavoro non può procedere con un licenziamento immediato, bensì deve valutare attentamente il contesto e analizzare la frequenza delle irregolarità.
In questi casi le aziende possono adottare misure meno drastiche, come ad esempio richiami scritti, sospensioni temporanee e colloqui formali per chiarire eventuali fraintendimenti. Per chi usufruisce dei permessi Legge 104, questa sentenza rappresenta una tutela importante. Significa che un errore occasionale non basta a giustificare la perdita del posto di lavoro. E che eventuali contestazioni sull’utilizzo dei permessi devono essere valutate caso per caso. Naturalmente ciò non autorizza comportamenti scorretti, ma riduce il rischio di subire conseguenze sproporzionate per episodi isolati.
Cosa devono fare i datori di lavoro
Anche per le aziende la decisione rappresenta un importante richiamo. Ovvero la vigilanza sull’uso dei permessi resta necessaria, ma le sanzioni devono essere applicate in modo proporzionato ed equilibrato. Se ci sono sospetti di abuso è importante raccogliere prove solide come documentazione, registri o testimonianze. Ma non solo, bisogna analizzare l’intero comportamento del lavoratore e non basarsi solamente su episodi singoli.
In virtù di tutto questo si deve scegliere la sanzione più in linea con la gravità dei fatti. Come dimostra questa sentenza, un licenziamento affrettato può infatti essere impugnato e portare a conseguenze legali.
In pratica l’abuso sistematico dei permessi può portare al licenziamento. Mentre l’abuso parziale o occasionale richiede un’analisi più attenta e non giustifica automaticamente una misura estrema. Si tratta di un precedente significativo che potrà essere utilizzato da avvocati, lavoratori e sindacati per difendere i diritti dei dipendenti in situazioni simili.