Se la riforma Fornero ha pesantemente inasprito i requisiti per le pensioni anticipate e di vecchiaia, una grossa mano gli è stata data in questa direzione, da parte dell’aspettativa di vita. Da qualche anno le pensioni hanno smesso di essere integrate alla stima di vita della popolazione dal punto di vista dei requisiti di accesso. E questo forse ha fatto dimenticare a tutti che man mano che cresce la vita media degli italiani come certifica l’Istat annualmente, salgono i requisiti per andare in pensione.

L’ultimo scatto è stato quello del 2019, che però non ha riguardato tutti i lavoratori e che pertanto ha salvaguardato alcune categorie che possono accedere alla pensione con gli stessi requisiti vigenti fino al 2018. Molti però non sanno di questa possibilità come ci dimostra un nostro lettore di cui riportiamo sotto il quesito. Consci che può riguardare molti lavoratori e non soltanto lui.

“Buonasera, a novembre compirò 67 anni di età e mi troverò ad aver completato anche i 35 anni di contributi previdenziali versati. Volevo chiedervi quando sarà il momento per me di presentare la domanda di pensione perché non vedo l’ora che ciò accada. Dal momento che ormai da diversi anni lavoro praticamente sotto sforzo e il gran caldo di questi giorni sta facendo il resto, dato che lavoro nei cantieri edili come manovale. Non vedo l’ora che arrivi novembre perché potrò dire finalmente stop al lavoro. Gli ultimi mesi sono sempre i più difficili da svolgere e volevo sapere quando era il momento di presentare le dimissioni all’azienda per cui il lavoro.”

Domanda di pensione, si può fare anche un mese prima del raggiungimento dei requisiti

Prima di tutto dobbiamo rispondere al quesito diretto del nostro lettore che ci chiede quando è il momento di presentare la domanda di pensione prima del completamento dei requisiti.

Con i tempi che oggi adotta l’INPS per liquidare i trattamenti pensionistici dei lavoratori, a prescindere dalla misura prescelta, un mese prima del compimento dell’età pensionabile o del raggiungimento dei requisiti previsti, può essere sufficiente. In un mese l’INPS riesce tranquillamente, salvo problemi relativi a controlli o a contribuzioni particolari, a liquidare la prestazione.

Però, in questo caso, visto che c’è da dare anche le dimissioni dal lavoro, meglio chiedere all’INPS la certificazione del diritto. In pratica si tratta di una domanda propedeutica con cui si chiede all’Istituto di mettere nero su bianco il completamento dei requisiti per la pensione. Solo con la certificazione INPS il nostro lettore avrà la matematica certezza che i suoi conti sono giusti e che la pensione decorrerà a partire da una determinata data (dovrebbe essere dicembre 2023 con il suo 67imo compleanno a novembre). Le pensioni decorrono quasi sempre, a partire dal primo giorno del mese successivo a quello del completamento del diritto alla stessa pensione. Salvo i casi delle finestre mobili di attesa questa è la regola generale.

La domanda di certificazione del diritto alla pensione e perché serve sempre o quasi sempre

Se il nostro lettore avesse provveduto già da tempo a presentare domanda di estratto conto certificativo all’INPS probabilmente avrebbe già avuto chiara la sua situazione. E diciamo già anticipatamente che non deve aspettare per forza di compiere i 67 anni di età per andare in pensione. Dal momento che ha così fretta di lasciare il lavoro, giustamente visto il lavoro che fa, gli possiamo dire che oggi ha già il diritto di andare in pensione con la pensione di vecchiaia senza dover attendere per forza di cose a novembre e quindi i suoi 67 anni.

Il suo lavoro infatti rientra in una specie di salvaguardia che lo mette al riparo dall’ultimo aumento dei requisiti per la pensione derivante dalla stima di vita della popolazione.

 Nel 2019 le pensioni hanno avuto l’ultimo scatto relativo all’aspettativa di vita. In pratica le pensioni dei cittadini italiani sono salite nel 2019 a 67 anni di età per quelle di vecchiaia. Nessuna distinzione tra uomini e donne e nessuna distinzione dal punto di vista sia dell’età che dei requisiti previdenziali previsti. In pratica dal 2019 uomini e donne per andare in pensione con la quiescenza di vecchiaia devono aver maturato almeno vent’anni di contributi versati ed almeno 67 anni di età.

Niente scatto di 5 mesi nel 2019 per alcune categorie di lavoratori

Tutti a 67 anni di età quindi, salvo chi svolge un lavoro gravoso o un lavoro usurante. Infatti per loro valgono ancora oggi i requisiti precedenti lo scatto. E quindi pensione a 66 anni e 7 mesi ma con 30 anni di contributi e non con 20 anni. Per questo abbiamo titolato l’articolo sottolineando quando 10 anni di contributi in più garantiscono l’uscita 5 mesi prima. Perché a fronte dei 5 mesi di sconto sull’età pensionabile, servono 10 anni di contributi in più rispetto ai classici 20 anni che sono la contribuzione minima delle pensioni di vecchiaia ordinarie.

Sugli usuranti, l’elenco previsto è quello allegato al Decreto Legislativo n° 67 del 21 aprile 2011. Per i gravosi invece, vietato fare confusione. Infatti l’elenco dei lavori gravosi nacque con quota 41 e l’Ape sociale, salvo poi essere aggiornato l’anno successivo e infine quest’anno, ma solo per l’Ape sociale. I 5 mesi in meno garantiti dal congelamento dei requisiti vale solo per le 15 categorie di lavoro gravoso utili alla quota 41 per i precoci e all’Ape sociale, fino al 2022, cioè senza l’estensione ultima che ricordiamo, vale solo per l’Anticipo pensionistico sociale.

Lavori gravosi e lavori usuranti, ecco gli elenchi

I lavori gravosi quindi sono quelle 15 attività elencate nell’allegato n° 3 della legge 234 del 2021. E quindi:

  • operai dell’edilizia e della manutenzione degli edifici oltre che dell’industria estrattiva;
  • conduttori di gru o di macchinari adatti alla perforazione nelle costruzioni;
  • conduttori di treni e personale ferroviario viaggiante;
  • conciatori di pelli e pellicce;
  • camionisti e conduttori di mezzi pesanti in genere;
  • addetti all’assistenza di persone non autosufficienti;
  • facchini;
  • infermieri ed ostetriche che lavorano in turni nelle sale operatorie e nelle sale parto;
  • operatori ecologici;
  • Maestre/i di asilo ed educatori scuola dell’infanzia;
  • siderurgici;
  • marittimi;
  • pescatori;
  • agricoli;
  • Addetti ai servizi di pulizia senza qualifica.

Attività lavorative molto comuni quelle prima citate che rientrano nei lavori gravosi.

Meno comuni, ma non meno importanti quelle che rientrano nei lavori usuranti. Infatti abbiamo:

  • addetti alle linee di montaggio con ritmi vincolati (lavoro a catena);
  • lavoratori delle gallerie, delle cave o delle miniere;
  • lavoratori addetti a mansioni svolte in spazi ristretti e angusti quali fogne, caldaie, serbatoi e così via;
  • addetti al lavoro in cassoni ad aria compressa;
  • palombari
  • lavoratori esposti per tipologia di attività, a lavorare ad alte temperature;
  • lavoratori del vetro cavo;
  • conducenti di bus e altri mezzi di trasporto pubblico di capienza complessiva sopra le 9 persone;
  • addetti all’asportazione dell’amianto;
  • lavoratori che svolgono la loro attività per gran parte dell’anno nelle ore che vanno dalle 00:00 alle 05:00 del mattino seguente (cd notturni).

In pensione a 66 anni e 7 mesi

Quindi, coloro i quali rientrano in una di queste categorie lavorative, possono avere diritto ad un trattamento più favorevole per la pensione. Non sarà un grande vantaggio 5 mesi, ma sono pur sempre 5 mesi di anticipo. E il nostro lettore, per esempio, poteva andare in pensione già questo mese di luglio, senza dover attendere i suoi 67 anni di novembre. Anche perché ha superato i 30 anni di contributi che servono per ottenere il vantaggio.