La missione del governo Letta in Canada per convincere gli stranieri a investire in Italia ha avuto un successo inaspettato. Con una tempistica quasi perfetta, la spagnola Telefonica ha annunciato l’accordo per comprare tutta la Telco, la scatola cinese che controlla Telecom Italia. Il colosso telefonico proprietario della rete nazionale di telecomunicazioni finirà così sotto il diretto controllo di Cesar Alierta, presidente della multinazionale telefonica spagnola.

 

Vendita Telecom Italia: non tutti i mali vengono per nuocere

E un altro pezzo d’Italia se ne va all’estero.

E forse non tutto il male vien per nuocere, come fanno finta di preoccuparsi i sindacati o i parlamentari del Copasir. Ci saranno meno dipendenti e dirigenti da mantenere a spese degli azionisti e dei contribuenti (si parla di 12.000 esuberi) e non saremmo più spiati dalla Digos, da magistrati curiosi, dai Colaninno o dai Tronchetti Provera. Per contro ci spieranno gli spagnoli, ma è già tutto di guadagnato. Si spenderanno meno soldi per intercettare Berlusconi e forse non si pagherà più l’odiato canone o si pagherà di meno, dopo che il mostruoso debito pubblico sarà ridotto drasticamente con la vendita di Tim e Tim Brasil. Ma non è tutto. Ci sarà anche il tanto temuto aumento di capitale che il salotto marcio della finanza italiana (Mediobanca, Intesa, Generali che sono azionisti di Telco insieme a Telefonica) si è rifiutato di sottoscrivere e forse arriveranno anche i soldi per potenziare la rete in fibra ottica che relega l’Italia agli ultimi posti in Europa per utilizzo di internet.

 

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Telefonica Telecom: Franco Bernabé non sapeva nulla del riassetto Telco. Pronto a dimettersi?

 

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Un piano già studiato a tavolino da parecchi mesi, da quanto la prima trimestrale 2013 di Telecom Italia aveva allarmato gli investitori evidenziato un livello di erosione dei margini e un costo del debito (oltre 28 miliardi di euro) nettamente superiore alle previsioni.

 

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Che qualcosa andasse fatto e con una certa urgenza per evitare il peggio era emerso sin dai primi giorni di insediamento al governo del premier Enrico Letta. Dopo aver tamponato alcune falle di bilancio facendo cassa con un prestito obbligazionario ibrido da 750 milioni da restituire dopo 60 anni e tagliando il monte dividendi per la gioia dei piccoli azionisti a cui era stato raccontato il contrario fino all’ultimo momento, era evidente che prima o poi i nodi sarebbero arrivati al pettine e un aumento di capitale intorno ai 3 miliardi di euro (minimo) è ormai inevitabile. Non ultimo, alla fine, Telefonica, già presente nel patto di sindacato Telco, avrebbe assunto il controllo di Telecom Italia. Lo sapevano tutti, dal piccolo azionista all’ultimo dei dipendenti. Letta ne era al corrente, i soci italiani in Telco pure, gli industriali de Il Sole 24 Ore anche. L’unico a cadere dal pero è stato il presidente Franco Bernabé che ha dichiarato di aver appreso del passaggio di quote azionarie dalla stampa. Va bene che in Italia siamo abituati a vederne e sentirne di tutti i colori, ma credere che il presidente di un gruppo come Telecom Italia fosse all’oscuro di tutto è vergognoso e passa ogni limite della decenza. Il tutto mentre Letta dai piani alti di Wall Street raccomandava alla comunità finanziaria di avere fiducia nelle imprese italiane. Solo per questo fatto, è meglio che Telecom Italia venga governata da stranieri: gli italiani non sono capaci e nemmeno credibili. Bernabé si dovrebbe dimettere immediatamente perché se è vero che non sapeva, ha dimostrato tutta la sua incompetenza a stare al vertice di Telecom per anni.

Se invece sapeva (come probabile) avrebbe dovuto dire la verità quando giornalisti e azionisti lo incalzavano con ripetute domande sul destino della compagnia telefonica italiana e dei suoi utili. In ogni caso si dovrebbe dimettere. Anche perché l’aumento di capitale è ormai certo e lui stesso aveva detto che in tale caso avrebbe lasciato la guida di Telecom. Ma forse non è lui a decidere del suo destino: agli spagnoli farà più comodo avere alla guida di Telecom una persona che viene a sapere le cose in un secondo momento, dai comunicati stampa, e quindi non si dimetterà. Almeno fino a quando non gli ridurranno lo stipendio milionario che prende per raccontare balle alla gente.

 

Telecom Italia, finalmente un partner che si occupa di telefonia

 

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Pinocchio Bernabé a parte, cosa succederà adesso? Analisti ed esperti vedono in Telefonica quel partner industriale forte, azionista di controllo, che è sempre mancato alla compagnia italiana. Da quando è stata privatizzata, Telecom Italia non ha mai avuto alla guida industriali o società operanti nel settore delle telecomunicazioni, ma solo avidi finanzieri e spregiudicati personaggi commissionati con ambienti politici che non hanno fatto altro che asciugare le casse del gruppo telefonico nazionale sottraendo gli utili agli investimenti. Con l’ausilio disgraziato del malaffare e di personaggi decotti della politica italiana, a cominciare da Massimo d’Alema nel 1999 che ha messo in mano il colosso telefonico ai capitani coraggiosi della Hopa con l’ausilio del salotto buono finanziario. Il futuro riassetto patrimoniale di Telecom Italia non sarà dettato solo da Telefonica, ma anche dall’evoluzione del panorama delle telecomunicazioni. [fumettoforumright]Tim e Tim Brasil saranno quasi sicuramente cedute, così come molte infrastrutture presenti in Argentina, perché il debito caricato sulla compagnia è troppo elevato e i margini, complice la concorrenza e l’abbassamento delle tariffe, sono sempre più risicati. Rimarrà una società più piccola che opererà nel settore della telefonia fissa e orbiterà nel perimetro del colosso spagnolo che, viceversa, ha saputo gestire meglio gli interessi nazionali e internazionali della telefonia.

 

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