Non bastavano i rischi dell’intelligenza artificiale, ci mancava anche una tecnologia spiona come la kiss cam (che in realtà negli State è presente da decenni). Il concerto dei Coldplay dello scorso 16 luglio è passato agli onori delle cronache non solo per la musica o lo spettacolo, ma per un episodio che ha riacceso il dibattito sulla privacy. Durante l’evento, la celebre “kiss cam” ha inquadrato due spettatori: Andy Byron, CEO di una società tecnologica, e Kristin Cabot, dirigente delle risorse umane della stessa azienda. Un momento intimo, immortalato e proiettato su maxischermo, è diventato virale. La conseguenza? Un licenziamento, un polverone mediatico e una domanda urgente: quanto siamo ancora padroni della nostra immagine in pubblico?
La tecnologia non è rimasta spettatrice.
In poche ore, algoritmi, motori di ricerca e social network hanno reso identificabili i due protagonisti. Nome, cognome, posizione lavorativa, stato civile: tutto è stato messo in piazza. Ma il cuore del problema non è solo la kiss cam. È il contesto tecnologico in cui avviene. Quello dell’intelligenza artificiale.
Intelligenza artificiale e controllo invisibile
L’intelligenza artificiale rappresenta un pericolo concreto per la privacy, non solo per ciò che fa, ma per ciò che rende possibile. Il caso Coldplay è emblematico: la ripresa è stata effettuata in un contesto pubblico, apparentemente innocuo, ma la vera violazione è avvenuta nella fase successiva. L’AI – presente in piattaforme social, nei motori di riconoscimento facciale, nelle banche dati accessibili anche agli utenti comuni – ha permesso una ricostruzione dettagliata della vita privata dei due protagonisti in tempo reale.
Il dato più inquietante non è la spettacolarizzazione di un bacio, ma il fatto che milioni di persone abbiano potuto, in pochi clic, associare un volto a una biografia.
Questo tipo di potere è reso possibile da algoritmi che apprendono, si aggiornano, e incrociano dati spesso raccolti in modo inconsapevole. Libero.it avverte: l’AI oggi è in grado non solo di interpretare le immagini, ma di anticipare i contesti, dedurre relazioni, prevedere comportamenti. E lo fa senza che l’utente abbia reale controllo su dove finiscono le sue informazioni.
Kiss cam e diritti in crisi
La domanda di fondo diventa: se essere ripresi è sempre più inevitabile, cosa ci resta del diritto alla riservatezza? Il GDPR tutela il consenso informato, la minimizzazione dei dati, la trasparenza dei trattamenti. Ma tutto questo entra in crisi quando la tecnologia sfugge ai radar della percezione comune. Chi compra un biglietto per un concerto, firma spesso una clausola che autorizza le riprese a fini di intrattenimento. Tuttavia, nessuna clausola autorizza la viralità. Nessuna autorizza l’AI a scandagliare LinkedIn, Facebook o i database pubblici per ricostruire la nostra storia personale. Eppure accade.
Nel caso della kiss cam, non sono stati solo gli spettatori a violare la privacy condividendo il video. È l’intero ecosistema digitale che ha contribuito a trasformare un momento privato in giudizio pubblico, amplificato da una macchina algoritmica che non distingue il lecito dall’indiscreto. Oggi anche le statistiche lo confermano chiaramente: l’utente medio non è consapevole del rischio.
Si affida all’AI senza sapere dove vanno i suoi dati, come vengono elaborati, con chi vengono condivisi. E intanto, mentre si gode un concerto o scatta una foto, potrebbe trovarsi al centro di un caso virale che cambia la sua vita.
Lo scandalo della kiss cam al concerto dei Coldplay non è un’eccezione folkloristica. È un segnale. È l’avviso che la privacy, così come l’abbiamo conosciuta, sta cambiando pelle. Non bastano più le leggi, i consensi, le spunte nelle impostazioni. Serve un nuovo modello di consapevolezza, in cui l’intelligenza artificiale venga usata con regole chiare, limiti definiti e strumenti di tutela reali. Senza questa rivoluzione etica e culturale, nessuno potrà più sentirsi al sicuro nemmeno in mezzo alla folla.
In sintesi.
- Lo scandalo della kiss cam ai Coldplay ha mostrato come l’AI renda virali anche i momenti più intimi.
- La privacy è sempre più fragile, con l’AI capace di identificare e diffondere dati in tempo reale.
- Serve maggiore consapevolezza e nuove regole per proteggere davvero i diritti personali.