Si chiama Potluck ed è stato già definito il social network dei timidi e dei pigroni. Sì, perché tra voi che state leggendo ci sono sicuramente gli “smanettoni” social, che si barcamenano tra Twitter, Facebook, Google+ e Instagram cercando di diventare i più popolari della piazza (virtuale), a colpi di Like e retweet ricevuti; ma ci sono anche i timidoni, o meglio, i cosiddetti “lurkers”, che non twittano, non scrivono su Facebook e si limitano sostanzialmente a guardare. Qualcuno l’ha chiamata “ansia da prestazione online”, il che è tutto dire.

Insomma, la popolarità dopotutto è il frutto di un duro lavoro, eppure c’è chi di quei Like e di quei retweet ha bisogno come il pane. Per accrescere i suoi amici su Facebook, o per aumentare il bacino di followers su Twitter. E così magari scrive qualcosa con il risultato che viene ignorato e l’autostima crolla davanti ai più popolari della scuola (virtuale) che hanno migliaia di amici o di followers. Ebbene sì, anche l’emarginazione da sociale è diventata social.  

Potluck: come funziona 

Beh, cari timidoni, sembra proprio arrivato il social network che fa per voi: Potluck, nato da Branch, piattaforma sociale appoggiata da Twitter, è pensato appositamente per chi solitamente resta a guardare e non tollera il giudizio (o il pregiudizio) degli altri. L’invito è quello di impegnarsi, di non restare più in disparte, ma di partecipare attivamente, discutendo sugli argomenti di attualità, attraverso la semplice condivisione di link.   Basterà infatti condividere link senza il bisogno di aggiungere battutine o frasi a effetto per invogliare l’attenzione degli amici: compiuto questo primo passo, si potrà poi accedere alle notifiche, per valutare le persone che hanno commentato, ma senza che il loro nome risulti visibile.   Dunque: ci si iscrive, si condividono link relativi ad argomenti interessanti legati ai temi più disparati (dalla politica allo sport, dallo spettacolo agli hobby), si guardano altri link condivisi, vi si clicca sopra e si entra in una sorta di chatroom, dove sarà possibile visualizzare in anteprima il contenuto del link condiviso, guardare i commenti o commentare noi stessi.

 

Potluck: la differenza la fa l’anonimato

Dunque, in cosa differisce Potluck dai vari Facebook e Twitter? Apparentemente nulla, ma se approfondiamo le differenze sono molte. La popolarità innanzitutto è quasi inesistente oppure, perlomeno, dispone di un altro metro di misura. Dunque, gli utenti iscritti a Potluck non potranno soffrire di ansia da prestazione: non c’è avatar, né foto, né qualsiasi elemento identitario nella iniziale condivisione dei link. Sostanzialmente, è molto più importante il contenuto che la persona che lo pubblica. I contenuti generano discussione e non ci sarà alcun bisogno di sponsorizzarli attraverso la propria persona. Facciamo un esempio: se un giornalista di una nota testata nazionale pubblica su Twitter o Facebook o Google+ un link che rimanda a una notizia, vien da sé che questo contenuto sarà visto dagli iscritti alla sua fanpage, dai suoi mille followers e dai suoi amici, per non pensare al passaparola che verrà generato, e alle ulteriori condivisioni che ne seguirebbero.   Se invece un qualsiasi utente della rete pubblicasse o condividesse un link ai suoi amici o a un pubblico più vasto, a ciò non seguirebbe la sequenza di “Mi piace” e di retweet che figurerebbero nel primo caso. L’esempio è banale, ma è calzante per spiegare come su Potluck sia importante il contenuto e non chi lo pubblica: l’interesse verrà di conseguenza e non sarà limitato dalla popolarità dell’utente che ne permette la condivisione.  

Potluck, nuova frontiera social

Se Potluck avrà successo lo scopriremo solo tra un po’: tuttavia, almeno apparentemente, l’idea sembra geniale.

Poter convogliare la massa dei lurkers su un social network di condivisione link potrebbe aprire nuove strade sul fronte dei social media. E noi non potremmo stancarci mai di parlarne. O meglio, di condividerne.