Ebbene sì, la tassa più odiata, quella del canone Rai, rischia di essere addirittura estesa non solo alla tv, ma anche ad altri dispositivi che in teoria permetterebbero di accedere ai contenuti Rai, ossia imporre la tassa anche a chi possiede solo smartphone e tablet.

Canone Rai, la proposta choc

Non sono mancate per fortuna le reazioni subito forti, in special modo la FIEG Federazione Italiana Editori Giornali, che ha definito improvvide le soluzioni proposte dall’Amministratore Delegato Rai Carlo Fuortes.

Come dicevamo, secondo l’AD, l’idea è quella di allargare l’obbligo di pagamento del canone RAI anche a chi non possiede una TV ma utilizza smartphone e tablet. In questo modo, secondo Fuertes si rientrerebbe dei debiti e delle perdite per ora pari a 700 milioni, perdite dovute agli ultimi 13 anni di gestione fallimentare. Naturalmente, l’esecutivo Usigrai ha elogiato la proposta dell’AD, ma come dicevamo c’è chi non la pensa così.

Per la FIEG infatti la situazione è completamente opposta, i ricavi RAI sono senza eguali, si parla di risorse che a confronto gli altri operatori spariscono, per questo motivo una decisione del genere di estendere il canone Rai anche oltre la tv, significherebbe distruggere quel pluralismo di informazione che la FIEG stessa vuole garantire a tutti i cittadini. Ma c’è dell’altro che ovviamente deve essere analizzato, per capire soprattutto se questa proposta può davvero diventare realtà.

Canone Rai, diventerà realtà?

Il canone Rai è una sorta di tassa di possesso, e per questo motivo è stata sempre interpretata come riferita al possesso del televisore. Se non ne hai uno, infatti, sei tenuto a dimostrare che non hai televisori in casa e quindi non la paghi. Sappiamo però che effettuare controlli di questo tipo a domicilio non è semplice. Come fare quindi per capire se un utente è davvero privo di tv? In teoria è già semplice farlo con smartphone e tablet, quelli sono tracciati, identificati e registrati.

Ecco quindi la trovata alla quale non si può sfuggire. L’unico problema è che la Rai aveva già ampiamente fatto cenno al fatto che chiunque può accedere ai suoi contenuti, deve pagarne l’imposta.

Sulla disposizione infatti si legge: “Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto”. In realtà quindi, la norma è già in atto, ma allora perché non è mai stata richiesta l’imposta anche per pc, tablet, smartphone o addirittura radio? Fossilizzandosi sulla tv, in pratica, ha creato un precedente, e ora rischia di non poter far valere in realtà una norma che tutto sommato è già prevista. Ma c’è di più, la norma fa riferimento allo specifico segnale radio-televisivo, quindi quello delle tv. Non si parla di streaming e quindi non può essere imposto ad altre forme di trasmissione dei contenuti, salvo rivedere completamente il decreto.

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