Avete presente il film Limitless con Bradley Cooper e Rober De Niro? Ecco, stiamo per parlarvi di qualcosa del genere, ma senza ingoiare pericolose pillole. La nuova frontiera della tecnologia si chiama Brain Hacking, letteralmente hackeraggio del cervello: un connubio perfetto di intelligenza artificiale e biologia. La prima parte offerta dalla tecnologia, la seconda da noi stessi.

Brain Hacking, la mente senza limiti

La biohacking ha ormai fatto passi da gigante, quel che ci viene proposto ora non è più argomento da letteratura fantascientifica, né deliri da scienziati pazzi.

Grandi aziende si stanno già muovendo da tempo in questa direzione per dare finalmente la giusta collocazione all’IA. Benché i cyborg si siano tenuti finora a distanza di sicurezza dal nostro cervello, ora la nuova frontiera da esplorare sembra essere proprio la mente umana, stavolta però non per comprenderla e decifrarla come si farebbe ad esempio per l’universo, ma per ampliarla e potenziarne le capacità intellettive.

L’obiettivo del Brain Hacking è infatti quello di potenziare le facoltà del cervello e aumentarne le funzionalità grazie a chip e “inserti” hi-tech di varia natura. Per il progetto ci sono in prima fila il DARPA,  il laboratorio di ricerca e sviluppo dell’esercito statunitense, e il MUSK, i cui vertici si dicono certi che nel futuro immediato avremo una perfetta integrazione tra intelligenza biologica e intelligenza artificiale. Il progetto Neuralik di MUSK consiste proprio nell’impiantare un chip di silicio nel cervello delle persone al fine far comunicare le persone tra loro con il semplice pensiero (invio di informazioni tramite chip da un cervello all’altro, interconnessi tra loro).

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Brain Hacking, nuovi sviluppi e scenari possibili

MUSK e DARPA sono in buona compagnia, altre aziende stanno lavorando al progetto Brain Hacking che per certi versi rappresenta davvero la nuova frontiera dell’IA.

Ad esempio, il progetto Kernel si propone di creare un hard disk esterno sul quale salvare tutti i nostri ricordi, proprio come ipotizzato in un episodio della fortunata serie britannica Black Mirror. Neurable invece lavora per la creazione di un software che trasformi le onde cerebrali in azioni e movimenti da svolgere all’interno di scenari ricreati attraverso la realtà virtuale. Il tutto visibile poi tramite visore VR.

E che dire invece del sogno, ma sopito, di riuscire un giorno a muovere gli oggetti con il pensiero? Ci sta lavorando Emotiv, l’azienda sta sviluppando un wearable a forma di caschetto e dotato di sensori che analizzerà le onde cerebrali di chi lo indossa codificandole e inviandole agli oggetti connessi al dispositivo. Gli impulsi codificati si trasformeranno quindi in azioni. Il progetto è sostanzialmente identico a quello utilizzato dai ricercatori dell’Università della Florida che sono riusciti a far decollare e controllare in volo un piccolo drone inviando semplici comandi mentali. Anche in questo caso è stato utilizzato un encefalogramma (EEG) portatile capace di trasformare gli impulsi delle onde cerebrali di chi lo indossa in vere e proprie azioni fisiche.

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