C’è un elefante che si aggira nella cristalleria. Sono i rendimenti a lungo termine, esplosi negli ultimi mesi e che stravolgono il clima di riferimento per gli investimenti. Ieri, il Tesoro ha riscosso un ottimo successo con il collocamento sindacato per l’emissione dei nuovi BTp a 7 e 30 anni. La seconda scadenza ha attirato ordini per 107 miliardi contro un’offerta “no grow” di 5 miliardi. Il rendimento esitato, però, è stato superiore al 4,70%.
Rendimenti a lungo termine più alti per investimenti
Dall’inizio dell’anno la curva dei rendimenti italiana è diventata ben più ripida, così come nel resto del pianeta.
Il trentennale oggi offre un premio di oltre l’1% sul decennale, mentre otto mesi fa questo si aggirava attorno allo 0,70%. Ed è salito anche il premio offerto dal decennale sulla scadenza a 2 anni: sopra l’1,40% contro l’1,10% di inizio 2025. Si ricava, dunque, che gli investimenti a lunghissimo termine siano diventati molto più remunerativi di quelli effettuati nel breve. Investire a 30 anni nei titoli di stato italiani rispetto ad investire per soli 2 anni, oggi rende oltre lo 0,60% rispetto a gennaio.
Curva più ripida: cause
Una curva più ripida comporta la necessità di rivedere i propri piani. In primis, va da sé che spostarsi sulle scadenze più lunghe sia diventato più conveniente. E ciò avviene dopo decenni in cui non era stato più così. Le banche centrali avevano non solo compresso i rendimenti lungo la curva, ma anche le distanze tra il tratto lungo e il tratto breve. Lo stravolgimento consegue ai timori del mercato per l’aumento annunciato delle emissioni di debito per finanziare il riarmo europeo, ma anche per la corsa del debito americano, l’inflazione che non scende e le tensioni commerciali e geopolitiche.
Rendimenti a lungo termine relativamente maggiori proiettano gli investimenti su un orizzonte temporale longevo. Se oggi una famiglia decidesse di impiegare la liquidità per 30 anni, incasserebbe un reddito netto superiore al 4,10% all’anno. Farsi sfuggire una simile opportunità può essere una cattiva idea. Ma questo non significa per ciò stesso che sarà sempre possibile o conveniente aggiungere “duration” ai propri portafogli d’investimento. Vincolarsi per un periodo più prolungato non è per tutti. Bisogna fare i conti con le proprie esigenze di liquidità future.
Rischi da eccessiva duration
Oltre a questo discorso, c’è quello relativo ai prezzi dei bond. Hanno toccato il fondo? Se così non fosse, meglio sarebbe attendere che scendano ulteriormente. In questo modo, spunteremmo rendimenti ancora più alti per i nostri investimenti a lungo termine. In più, ridurremmo il rischio di perdite nel caso di disinvestimento anticipato. Il guaio è che non ci sono ancora sufficienti segnali per offrire una risposta solida. I grafici non danno appigli. I prezzi potrebbero proseguire la discesa o arrestarla quanto prima.
C’è un problema con cui fare i conti se decidiamo di sfruttare gli alti rendimenti in favore dei nostri investimenti: l’inflazione. Uno degli scenari possibili consiste nella discesa in campo delle banche centrali per imporre una sorta di controllo della curva.
Necessaria per calmierare la spesa per interessi da un lato e per evitare il collasso del mercato dei mutui e prestiti dall’altro. Una simile ipotesi, però, si tradurrebbe in un’iniezione di liquidità sui mercati, ovvero nell’aumento dell’inflazione. I rendimenti reali ne uscirebbero compressi.
Alti rendimenti nominali speculari a rischi crescenti per investimenti
Quando le banche centrali perseguono quella che in gergo si definisce “repressione finanziaria“, altri asset diventano più appetibili dei bond. Sono essenzialmente le azioni e l’oro, ma in alcune situazioni anche i beni immobili. Accadde negli anni Settanta dell’inflazione a due cifre, si ripeté dopo il 2008 e fino praticamente ai giorni nostri. Dunque, puntare solo sulla “duration” per sperare di massimizzare i rendimenti degli investimenti può esitare un risultato non così soddisfacente come crediamo. I pasti gratis non esistono. Ad alti rendimenti corrispondono sempre alti rischi.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
