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Oggi: 05 Dic, 2025
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Rottamazione quinquies, tra opportunità e criticità: l’intervista al prof. Claudio Miglio

Tra opportunità e criticità, la rottamazione quinquies è tra le misure più attese nella manovra di bilancio 2026
2 settimane fa
6 minuti di lettura

La nuova rottamazione quinquies, prevista nella manovra di bilancio 2026 ancora in discussione parlamentare, rappresenta una delle misure fiscali più attese e controverse del momento. Tra differenze sostanziali rispetto alla quater, assenza dei cinque giorni di tolleranza e nuove regole di decadenza, il dibattito resta aperto. Per fare chiarezza su opportunità, criticità e possibili modifiche nella versione definitiva, abbiamo chiesto al prof. Claudio Miglio, Commercialista, Revisore Legale, Amministratore Giudiziario e Professore a contratto di Economia Aziendale presso l’Università Niccolò Cusano e presso l’università LUISS, tra i maggiori esperti in materia tributaria, che ha accettato di rilasciarci un’intervista.

Rispetto alla rottamazione quater, quali sono secondo lei le differenze più significative introdotte nell’attuale bozza della rottamazione quinquies e quale impatto concreto avranno sui contribuenti?

claudio miglioLa rottamazione-quinquies restringe il perimetro applicativo: riguarda soltanto i debiti relativi alle imposte risultanti dalle dichiarazioni annuali, gli omessi versamenti dei contributi INPS, le sanzioni del Codice della strada e si estende anche ai carichi derivanti da procedure di sovraindebitamento.

Il nuovo piano di pagamento prevede 54 rate bimestrali – pari a 9 anni – accessibili per debiti di almeno 5.400 euro. Vengono eliminati i 5 giorni di tolleranza e la decadenza interviene dopo due rate non pagate, anche non consecutive. Il risultato è duplice: una platea più ristretta rispetto alle precedenti rottamazioni e un rischio molto elevato di perdere i benefici lungo un percorso di pagamento estremamente lungo e rigido.

La quinquies, almeno nella versione ora in discussione, è limitata ai debiti derivanti da avvisi bonari non pagati. Come valuta questa scelta rispetto alla quater che aveva un perimetro molto più ampio? È una restrizione efficace o rischia di escludere troppi contribuenti?

Non è chiara questa limitazione aspetterei che il parlamento vari la norma definitiva per rispondere in modo adeguato.

Il nuovo piano di pagamento prevede fino a 54 rate bimestrali, quindi 9 anni, contro le 20 rate della quater (5 anni). Ritiene che una dilazione così estesa sia opportuna o potrebbe rivelarsi controproducente, ad esempio aumentando il rischio di decadenza?

È una dilazione impegnativa: riduce l’importo delle rate ma aumenta il rischio di decadenza. In un arco di nove anni cambiano condizioni economiche e familiari delle persone. Un orizzonte più equilibrato sarebbe 36/42 rate bimestrali, sostenibile e meno esposto a imprevisti.

Uno dei punti più discussi è l’assenza dei 5 giorni di tolleranza nei pagamenti: nella quater erano previsti, nella quinquies no (almeno nella versione attuale del testo). Lei ritiene fondamentale reintrodurli nel testo definitivo? Che conseguenze vede per i contribuenti se questa tolleranza non venisse ripristinata?

Sì, la tolleranza è un elemento essenziale e la sua eliminazione rischia di trasformare la misura in un percorso ad ostacoli. Senza i 5 giorni di margine, possono decadere anche contribuenti perfettamente puntuali che incappano in ritardi tecnici dei sistemi di pagamento, blocchi bancari, festività o semplici disguidi non imputabili alla loro volontà. La decadenza totale per un ritardo minimo sarebbe una misura sproporzionata, soprattutto in un piano diluito su 54 rate bimestrali in nove anni, dove l’esposizione al rischio di errori non intenzionali cresce in modo significativo.

Reintrodurre la tolleranza significa rendere la rottamazione realmente accessibile e coerente con la finalità di favorire l’adempimento, senza trasformarla in una trappola procedurale.

Le nuove regole di decadenza sembrano più rigide: bastano due rate non pagate, anche non consecutive, o il mancato pagamento dell’ultima rata, per perdere tutti i benefici. Dal suo punto di vista professionale, questa impostazione è equilibrata o rischia di rendere la misura inefficace?

No, sono eccessivamente rigide. Due rate non pagate, anche non consecutive, o l’ultima rata saltata azzerano anni di pagamenti. È un meccanismo punitivo che può scoraggiare l’adesione. Servono margini più ampi: tre-quattro rate non pagate o un sistema di penalità progressive.

Secondo lei, in sede parlamentare, quali aspetti della quinquies andrebbero assolutamente corretti o rivisti per renderla una misura realmente utile e sostenibile per i contribuenti?

A mio avviso ci sono tre interventi imprescindibili per rendere la quinquies una misura realmente utile e sostenibile.
Il primo riguarda il perimetro dei debiti ammessi: oggi è troppo ristretto e poco chiaro. Occorre ampliare l’ambito applicativo e definire con precisione quali cartelle esattoriali rientrano, altrimenti una parte significativa dei contribuenti resterà esclusa senza motivo.
Il secondo punto è il ripristino dei cinque giorni di tolleranza. Senza questa valvola di sicurezza, la decadenza può scattare anche per ritardi minimi o per disservizi tecnici non imputabili al contribuente, rendendo la misura sproporzionatamente rigida.
Infine, serve una maggiore flessibilità nella disciplina della decadenza: con piani che arrivano fino a 54 rate bimestrali, un singolo imprevisto rischia di compromettere anni di pagamenti regolari. Considerare il numero di rate versate, introdurre un margine minimo di errore o consentire un “salvataggio” una tantum renderebbe la misura più coerente con il suo obiettivo.
Senza questi correttivi, la quinquies rischia di rimanere una misura solo nominale, incapace di offrire un vero sollievo ai contribuenti.

Quali modifiche aggiuntive suggerirebbe personalmente per migliorare il funzionamento della rottamazione quinquies, anche in termini di equità e semplicità operativa?

Introdurrei alcuni miglioramenti che possono rendere la rottamazione quinquies più equa e più semplice da gestire, sia per i contribuenti sia per l’amministrazione.

Anzitutto sostituirei la decadenza immediata con una penalità progressiva: un lieve aumento o un interesse aggiuntivo per i ritardi minimi sarebbe molto più proporzionato rispetto alla perdita totale dei benefici.
In secondo luogo, prevederei una sospensione temporanea del piano nei casi di comprovata difficoltà – ad esempio malattie, perdita del lavoro, eventi familiari gravi – così da evitare che situazioni eccezionali facciano saltare anni di regolarità nei pagamenti.
Infine, renderei obbligatorio l’invio di avvisi di scadenza tramite PEC con congruo preavviso, per garantire che nessun contribuente decada per una semplice dimenticanza o per un mancato promemoria.
Sono interventi semplici, ma in grado di aumentare la certezza, l’equità e l’efficienza operativa dell’intera misura.

Siamo ormai giunti alla quinta edizione della rottamazione delle cartelle. Da commercialista, ritiene che queste sanatorie ricorrenti siano uno strumento da continuare a utilizzare periodicamente oppure rappresentino un rischio culturale, perché abituano i contribuenti a confidare nelle future regolarizzazioni piuttosto che nel pagamento ordinario?

Le rottamazioni hanno certamente una loro utilità: permettono allo Stato di recuperare crediti difficilmente esigibili, riducono il contenzioso e offrono ai contribuenti in difficoltà una via d’uscita sostenibile. Tuttavia, riproporle con cadenza quasi periodica genera un evidente rischio culturale: si consolida l’idea che prima o poi arriverà una nuova sanatoria e che, quindi, il pagamento ordinario possa essere rimandato.
Questo meccanismo, alla lunga, indebolisce la compliance fiscale e penalizza chi si sforza di adempiere regolarmente ai propri obblighi. Per questo motivo, credo che le sanatorie vadano utilizzate solo in casi eccezionali, non come strumento ricorrente di politica fiscale.
Parallelamente, lo Stato dovrebbe introdurre meccanismi che premiano i contribuenti virtuosi – ad esempio con riduzioni di sanzioni, incentivi o percorsi di rateazione agevolata – così da ristabilire un equilibrio tra chi paga puntualmente e chi accede a misure straordinarie.
Solo così si può mantenere la rottamazione come strumento utile, senza compromettere il rapporto di fiducia tra contribuente e fisco.

Quale pensa che sia l’impatto psicologico e comportamentale sui contribuenti che vedono ogni due o tre anni una nuova rottamazione? Questo meccanismo rischia di incentivare l’attesa della prossima sanatoria?

Sì, il rischio è non solo concreto, ma già osservabile nella pratica quotidiana. La ripetizione ciclica delle rottamazioni crea un effetto psicologico molto chiaro: una parte dei contribuenti inizia a percepire la sanatoria non come un evento eccezionale, ma come una tappa ordinaria del sistema fiscale.
Si sviluppa così una sorta di “attesa razionale” della prossima rottamazione, con la conseguente tendenza a rinviare gli adempimenti sperando in condizioni future più favorevoli. Questo meccanismo finisce per normalizzare ciò che dovrebbe essere l’eccezione, indebolendo il senso di responsabilità fiscale e penalizzando chi rispetta gli obblighi nei tempi ordinari.
Il risultato è un effetto distorsivo: si spinge verso comportamenti opportunistici e si compromette la credibilità dell’intero sistema di riscossione. Per questo motivo è fondamentale limitare la frequenza delle sanatorie e ribadire che la regolarità dei pagamenti deve rimanere la regola, non l’eccezione premiata ciclicamente.

Dal punto di vista delle finanze pubbliche, quali sono – a suo avviso – i principali vantaggi che una rottamazione come la quinquies può portare alle casse dello Stato e quali invece i potenziali limiti o rischi per il bilancio?

Dal punto di vista delle finanze pubbliche, i vantaggi della rottamazione quinquies sono evidenti e, soprattutto, immediati. Lo Stato riesce a incassare una quota di crediti che altrimenti rimarrebbero inesigibili, migliora temporaneamente il proprio flusso di entrate e può contare su un recupero più rapido rispetto alle procedure ordinarie di riscossione, spesso lunghe e poco efficaci. In prospettiva, anche l’avvio di migliaia di piani rateali contribuisce a dare una certa prevedibilità agli incassi.
Tuttavia, i rischi strutturali non sono trascurabili. Anzitutto, il ripetersi delle sanatorie genera un evidente effetto di moral hazard, perché una parte dei contribuenti può essere incentivata a rinviare i pagamenti ordinari confidando nella successiva rottamazione. A questo si aggiunge una possibile erosione della fedeltà fiscale, con impatti negativi e permanenti sulla compliance.
Un ulteriore limite deriva dal fatto che una percentuale significativa dei piani – soprattutto quelli molto lunghi, come quelli da 54 rate – è destinata a decadere, privando lo Stato di una parte degli incassi attesi e generando ulteriore contenzioso.
La quinquies può funzionare e produrre un saldo positivo per le casse pubbliche solo se corretta nelle sue rigidità e resa più realistica, altrimenti rischia di essere una misura efficace nel breve periodo ma problematica nel medio-lungo termine.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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