Uno degli strumenti finanziari preferiti dai risparmiatori italiani è quello dei cosiddetti “pronti contro termine” (in siglia Pct o P/T), che nella terminologia inglese si definiscono “patti di riacquisto”. In effetti, si tratta della vendita di un certo numero di titoli da parte della banca al cliente, con l’impegno da parte di quest’ultimo di rivendere alla prima i titoli stessi alla scadenza e al prezzo pattuiti. Fino a tutta la durata dell’investimento – generalmente di poche settimane, al massimo di un anno (non può superare i 12 mesi) – il cliente è tenuto a tenere i titoli sottostanti all’operazione depositati presso un apposito conto acceso presso la stessa banca venditrice.

Il rendimento dell’operazione è dato dalla differenza tra il prezzo di riacquisto e quello iniziale di vendita dei titoli, rapportata al periodo infrannuale. Se, ad esempio, la banca mi vende 100 obbligazioni al prezzo di 1.000 euro e le riacquista dopo un anno esatto a 1.050 euro, il rendimento al lordo delle imposte sarà pari a (1.050 – 1.000)/1.000 = 0,05 (5%).

Rendimento Pct, occhio ai costi

Si tratta di uno strumento di raccolta bancaria indiretta, che presenta vantaggi e svantaggi per chi vi investe. Per prima cosa, il rendimento è generalmente più allettante di quello offerto dagli istituti sui conti deposito o i certificati di deposito. E’ una forma di investimento semplice, che richiede la sola apertura di un conto titoli, ove non se ne possedesse già uno. Tra gli svantaggi dei pronti contro termine vi è, però, come detto l’apertura di un conto titoli, che presuppone il sostenimento dell’imposta di bollo, pari allo 0,2% (2 per mille) della somma ivi depositata. Spesso le banche coprono tale costo, in modo da attirare la clientela, ma bisogna informarsi bene, prima di investire.      

Prodotti non garantiti

Altra situazione delicata è data dalla mancata copertura del Fondo interbancario di tutela dei depositi.

In altri termini, i pronti contro termine non sono garantiti fino ai 100.000 euro, pur essendo prodotti bancari, in quanto assimilati a un investimento vero e proprio e non già a una semplice detenzione di risparmio. A garanzia dell’investitore vi sono solo i titoli sottostanti, che nel caso di insolvenza della banca possono essere ritirati e rivenduti anche a terzi dal possessore. Tuttavia, anche in questo caso bisogna fare attenzione a che tipo di titoli essi siano. In molti casi, si tratta di obbligazioni emesse dalla stessa banca, per cui nel caso di insolvenza potrebbero essere soggette all’applicazione del “bail-in”, ovvero a rischio di azzeramento del capitale investito.

Calcolo rendimento

A differenza di un ordinario conto deposito, che consente di svincolare le somme anche prima della scadenza (semmai, si perde l’interesse offerto), in questo caso non è solitamente possibile, per cui bisogna attendere la scadenza, Tale rischio è minimizzato, peraltro, dalla breve durata di questo investimento, prevista in un massimo di 12 mesi. Ricordiamo che i rendimenti, calcolati nel modo che adesso vi dimostriamo, sono soggetti a un’imposta sui redditi di natura finanziaria con aliquota del 26% (del 12,50%, se quelli sottostanti fossero titoli di stato). Il calcolo del rendimento netto deve essere effettuato nel modo seguente: 36.500 x (valore netto alla scadenza – prezzo iniziale) / prezzo iniziale x giorni di durata dell’investimento.