L’oro è come l’Inter in questa fase, pazzo. Il prezzo del metallo sfondava i 1.300 dollari l’oncia all’inizio di maggio, portandosi ai massimi degli ultimi 15 mesi, salvo chiudere il mese a 1.216,85 dollari. Dal picco, la discesa è stata di oltre il 6%. Ma venerdì scorso, le quotazioni si erano già spinte in area 1.275 dollari, mostrando un recupero di quasi il 5%.

L’altalena disorienta i piccoli investitori, molti dei quali erano stati allettati dal +16% messo a segno nel primo trimestre, il dato migliore degli ultimi 30 anni.

Che cosa sta succedendo? E’ ancora saggio puntare sull’asset?

Come non smettiamo mai di ripetere, l’oro non si presta bene per investimenti speculativi di breve periodo, ma nel medio-lungo termine si conferma sempre imbattibile o, in ogni caso, redditizio. Fatta questa doverosa premessa, le fluttuazioni di queste settimane risentono di due scenari abbastanza mutevoli e che tengono il mercato con il fiato sospeso ormai quotidianamente.

Tassi USA, rialzo a giugno sì o no?

Il primo è il rialzo dei tassi USA. Ci sarà la prossima settimana? E se sarà rinviato, a quando? E se non ci sarà, come dobbiamo considerare il rinvio? E’ molto probabile, che la Federal Reserve non alzi i tassi alla metà di questo mese, vuoi perché l’economia americana ha inviato un qualche segnale di possibile rallentamento sul fronte dell’occupazione, vuoi anche perché sarebbe poco saggio dare vita a una seconda stretta (la prima è stata a dicembre) a pochi giorni dal referendum sulla Brexit, correndo il rischio di trovarsi dinnanzi a un quadro stravolto dal voto di Londra.

Quando la stretta appariva probabile, fino alla fine di maggio, le quotazioni dell’oro erano in crescita, ma dopo la pubblicazione dei dati sull’occupazione a maggio negli USA, le probabilità sono crollate e il prezzo dell’oro è tornato a salire.

Questo, perché tassi bassi implicano minore concorrenza a un asset senza cedola e tendenzialmente terrebbe alta la liquidità sui mercati, aumentando il rischio di inflazione, timore contro cui si rifugiano nell’oro gli investitori.

 

 

 

Referendum Brexit incide anche

Tuttavia, in sé il rinvio dell’aumento dei tassi non è più considerato un fattore positivo, perché sintomo di una ripresa dell’economia poco dinamica. Anche per questo aspetto, l’oro tende ad apprezzarsi, perché rappresenta un riparo contro i rischi derivanti dall’economia reale.

Altro evento legato alle alterne fortune del metallo in queste settimane è il succitato referendum sulla Brexit. Nessuno sa davvero come voteranno gli elettori britannici il prossimo 23 giugno, ma tutti sappiamo che il voto segnerà uno spartiacque tra un prima e un dopo. Se dalle urne uscirà un “sì” all’addio alla UE, lo scenario di incertezza sul futuro sia dell’economia britannica, sia della tenuta delle istituzioni comunitarie spingerà l’oro verso potenziali grossi guadagni. Viceversa, le tensioni sui mercati si allenteranno drasticamente, qualora l’esito fosse di permanenza del Regno Unito nella UE. In quel caso, il prezzo dell’oro potrebbe precipitare.