All’inizio del 2015, dopo che la SNB, la banca centrale svizzera, annunciò l’abbandono del cambio minimo fra franco svizzero ed euro, esplose come conseguenza diretta il problema dei mutui in franchi svizzeri, contratti negli anni precedenti da numerosi clienti stranieri, di cui 35.000 solo in Polonia e altri 6.000 in Italia, questi ultimi attraverso la britannica Barclays.

Non tutti lo sanno, ma è possibile contrarre un mutuo con una banca straniera, erogato in una valuta diversa dalla nostra. Quando conviene una simile operazione.

Chiaramente, come dimostra il caso della Svizzera, le famiglie e le imprese si buttano sui finanziamenti in valuta estera, quando i tassi offerti sono più bassi in quel paese che nel nostro.

Mutui valuta estera, rischio cambio

Ad esempio, se una banca di Londra erogasse mutui trentennali al 2% e in sterline, quando da noi dovremmo mediamente pagare, per ipotesi, il 4%, potremmo trovare conveniente contrarre il finanziamento, meglio se a tasso fisso, cosicché non dovremmo badare alla differenza dell’evoluzione dei tassi di mercato tra l’Italia e il Regno Unito.

Tuttavia, come sempre capita con i prestiti in valuta straniera, il problema sta nelle possibili variazioni sfavorevoli del cambio nel corso dell’ammortamento. Se è già complicato prevederle in un arco di tempo relativamente breve, risulta del tutto impossibile anche solo farsi un’idea di quale sarà il tasso di cambio tra l’euro e la valuta straniera nel corso di numerosi anni, essendo diverse e molte delle quali non scrutabili le variabili che lo influenzano.

 

 

 

 

Meglio i cambi fissati bilateralmente

Per questo, sarebbe preferibile, ma non privo di rischi, un finanziamento contratto in una valuta, il cui tasso di cambio è agganciato o fissato all’euro da accordi bilaterali tra le rispettive banche centrali e non da azioni unilaterali, come accadde con il franco svizzero tra il 2011 e il 2015.

Al momento, ad esempio, potrebbe essere opportuno valutare un mutuo in corone danesi, dati i bassissimi tassi offerti nel paese scandinavo, unitamente a un cambio valutario fluttuante nella pratica nel range dell’1% attorno a quello di riferimento. Poiché l’accordo tra Copenaghen e Francoforte regge sin dal 2000 ed è erede di un altro, stretto sin dal 1982 tra Danimarca e Germania, le probabilità che il “peg” venga meno sono molto basse.

Anche il peg può tradire

Tuttavia, nemmeno un cambio fisso o controllato ci fornisce certezze, perché nessuno è in grado di dirci nel medio-lungo termine potrebbero aversi scossoni finanziari, tali da rendere necessario un suo abbandono alle fluttuazioni del mercato.

Il consiglio è, quindi, di contrarre un mutuo in valuta estera a tasso fisso, quando gli interessi applicati nel paese straniero risultano più bassi ai nostri e quando l’euro è considerato già debole verso il tasso di cambio con la divisa in questione. Per non rischiare, meglio optare per un “peg” collaudato negli anni.

Infine, occhio anche alla legislazione del paese in cui il mutuo viene erogato. Non sempre le normative all’estero consentono al cliente di rinegoziare il mutuo e le condizioni a cui ciò può avvenire potrebbero essere meno favorevoli che in Italia.