Dal sito ufficiale dell’Arbitro Bancario Finanziario arrivano nuove sentenze anche in merito ai buoni fruttiferi postali collocati sul mercato da Poste Italiane. Ricordiamo che questo strumento di investimento che piace tanto agli italiani è emesso dalla Cassa Depositi e Prestiti e garantito dallo Stato Italiano.

Buoni postali: la motivazione del ricorso

Tornando alle decisioni dell’Abf, le ultime sono del 13 aprile 2021. In una di queste, la numero 4633 del 22 febbraio 2021, il Collegio di Napoli ha analizzato due buoni postali serie Q/P.

Ognuno di essi era del valore di 1.000.000 lire: uno emesso il 7 agosto 1986 e l’altro il 3 dicembre 1986. Quindi, dopo l’entrata in vigore del Decreto Ministeriale del 13 giugno 1986.
La parte ricorrente ha presentato ricorso perché la liquidazione dei titoli era inferiore per gli anni dal 21° al 30° rispetto a quanto riportato a tergo dei titoli stessi. L’intermediario aveva posto dei timbri con i nuovi tassi da applicare a seguito del DM 1986. Questo per i primi 20 anni in quanto per gli ultimi dieci sui titoli non era stato apposto nulla.

Controdeduzioni intermediario per buoni fruttiferi postali

In merito alla richiesta sui buoni postali su indicati, l’intermediario si è opposto alle preteste della parte ricorrente. Poste Italiane ha spiegato che i buoni, oggetto del ricorso, avevano una data successiva al Dm del 1986 e su di essi era stato apposto correttamente sul davanti il timbro con la dicitura “Serie Q/P”. Ciò in base alle indicazioni proprio del Decreto di quell’anno.
Dietro, poi, un altro timbro con i nuovi tassi che erano dell’8%, del 9%, del 10,50% e del 12%. L’importo era stato poi calcolato fino al ventesimo anno con interessi composti ai tassi indicati dal DM 1986. Per il periodo dal ventunesimo al trentesimo con interessi semplici maturati alla fine del 20° anno.

Buoni fruttiferi postali: la decisione del Collegio

Il Collegio di Napoli ha constatato che i 2 buoni postali fruttiferi appartenevano alla serie P rettificata in Q/P e che i timbri erano inseriti in maniera corretta.

Il problema è che il timbro comunicava i nuovi tassi fino al ventesimo anno senza comunicare nulla di quelli da applicare dal ventunesimo al trentesimo. Per il Collegio, quindi, il risparmiatore aveva fatto affidamento sulla tabella originaria presente sul titolo. Per questo l’intermediario dovrà corrispondere al ricorrente gli interessi riportati dietro ai titoli per gli anni dal 21° al 30°.
C’è però un problema in questi ultimi mesi. L’inadempienza degli intermediari. Molti, infatti, tra cui Poste Italiane, si rifiutano di rispettare le decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario. A questo punto, quindi, al risparmiatore non resta che attivare una nuova azione giudiziaria. È vero che può portare come prova la sentenza dell’Abf ma è pur vero che a decidere è poi il Tribunale.

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