I buoni fruttiferi postali di Poste Italiane sono “buoni” in qualsiasi momento. Essi infatti non hanno spese di collocamento, di gestione e di rimborso. Inoltre è possibile richiedere il rimborso del capitale investito in qualsiasi momento ed hanno una tassazione agevolata al 12,50%. Ci si chiede però cosa significa la clausola CPFR, quale è la loro durata e la differenza tra capitalizzazione semplice e composta. Ecco le info in merito.

Buoni fruttiferi postali di Poste Italiane: significato clausola CPFR

I buoni fruttiferi postali sono una forma di investimento sicura perché garantita dallo Stato Italiano.

Essi sono emessi in due modalità: cartacea e dematerializzata. Nel primo caso colui che li sottoscrive riceve un titolo cartaceo che deve conservare gelosamente per richiedere il rimborso sia alla scadenza che in anticipo. La modalità dematerializzata, invece, è quella rappresentata da una scrittura contabile che viene effettuata su di un conto di regolamento. A colui che lo sottoscrive, quindi, non viene fornito nulla di cartaceo in quanto tutte le operazioni (rimborso a scadenza o anticipato, accredito) avvengono sul conto di regolamento ovvero conto corrente BancoPosta o Libretto di Risparmio Postale (che devono avere la medesima intestazione del buono).

Per quanto concerne la clausola “CPFR” essa sta a significare “con pari facoltà di rimborso”. Ma cosa significa nello specifico? La risposta è che ogni cointestatario del bfp può richiedere il rimborso del buono presentando al momento della richiesta il titolo cartaceo.

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Bfp di Poste Italiane: durata, capitalizzazione semplice e composta

I buoni fruttiferi postali hanno una durata di 20 o 30 anni. La durata più lunga si riferisce a quelli emessi fino al 27 dicembre 2000 della serie Z. Quelli emessi dopo, dalla serie A1 in poi, durano vent’anni. La differenza è che i primi maturano gli interessi al 31 dicembre dell’anno solare in cui scade il titolo mentre quelli ventennali cessano di esistere alla scadenza del ventesimo anno.

Infine mentre per i primi gli interessi maturano “in regime di capitalizzazione composta” nei primi venti anni e poi in “regime semplice” per i restanti dieci anni, per i secondi la capitalizzazione è sempre composta.

Ricordiamo che gli interessi maturati nella capitalizzazione semplice resta distinto dal capitale e si aggiungono ad esso soltanto alla fine. In quella composta, per operazioni a lunga e a breve scadenza, il tempo di impiego viene suddiviso in periodi che solitamente durano un anno e alla scadenza di ognuno di essi, viene fatto il calcolo degli interessi semplici riguardanti il periodo trascorso e tali interessi vengono aggiunti al capitale. In questo modo si ottiene un nuovo capitale fruttifero più alto. Tale legge viene anche chiamata “capitalizzazione degli interessi”.

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