Da qualche giorno il governo di Giorgia Meloni ha superato come durata quello di Matteo Renzi, che durò per 1.024 giorni dal febbraio del 2014 al dicembre 2016. E’ adesso il quarto più longevo nella storia repubblicana. Il podio è occupato dal secondo e dal quarto governo Berlusconi (2001-2005 e 2008-2011) e dal primo governo di Bettino Craxi. Questi durò 1.093 giorni, dal 4 agosto del 1983 all’1 agosto del 1986. Il premier socialista sarebbe rimasto in carica per altri otto mesi e mezzo con un secondo governo durato fino al 17 aprile del 1987. In tutto, 1.352 giorni a Palazzo Chigi. Al tempo, fu un esempio di stabilità politica in un’Italia di governicchi balneari e che raramente superavano l’anno di vita.
Governo Craxi riformatore
Il governo Craxi fu il primo a guida socialista. Fu sorretto dal cosiddetto penta-partito: Democrazia Cristiana, Partito Socialista, Partito Socialdemocratico, Partito Repubblicano e Partito Liberale. Ancora oggi è oggetto di critiche e ammirazione. Ed è naturale che sia così, data la figura affascinante, carismatica, ruvida e controversa dell’allora premier. Sotto i suoi due esecutivi l’Italia visse una stagione non solo di stabilità, ma anche di profondi cambiamenti.
Due sono gli episodi che a distanza di 40 anni associamo più di altri al governo Craxi. Il primo risale al febbraio 1984 con l’abolizione della “scala mobile”. Si trattava di un meccanismo di indicizzazione automatica dei salari all’inflazione. La sua eliminazione formale avvenne solamente nel 1992, ma con il decreto di San Valentino fu depotenziata. L’anno successivo un referendum abrogativo avanzato dalla CGIL di Luciano Lama diede clamorosamente ragione all’esecutivo. Fu una svolta epocale per la politica e l’economia italiana.
Politica estera muscolare
Nel 1985 una vicenda scosse il mondo intero. Il sequestro della nave italiana Achille Lauro per mano di un gruppo di terroristi palestinesi al largo delle coste egiziane. Il passeggero ebreo con passaporto americano Leon Klinghoffer, disabile sulla sedia a rotelle, venne gettato nelle acque del mare e ucciso. Le autorità italiane negoziarono per ottenere la liberazione della nave, dei passeggeri e del personale a bordo. Le autorità americane reclamarono la consegna dei terroristi, ma a Sigonella avvenne un fatto incredibile: il governo Craxi negò l’autorizzazione e fece circondare i militari della Delta Force da Carabinieri e Aeronautica Militare. Si arrivò praticamente allo scontro armato tra Italia e Stati Uniti, alleati durante la Guerra Fredda.
Il governo Craxi per molti resta esempio di schiena dritta anche nei consessi internazionali. Altri episodi confermano senza dubbio questa impostazione. Ad esempio, quando autorizzò l’installazione degli Euromissili in Sicilia, operazione che si sarebbe rivelata decisiva nella vittoria contro l’Unione Sovietica. E al G7 in Giappone del 1985 pretese dal presidente Ronald Reagan e dal segretario al Tesoro, James Baker, di fare parte del gruppo di comando insieme agli alleati.
Conti pubblici allo sbando
Tra le critiche all’operato del governo Craxi c’è la gestione dei conti pubblici. Il debito pubblico salì dal 68,4% del 1983 all’87,8% del Pil del 1987. Il deficit di bilancio nei quattro anni s’impennò anch’esso dal già altissimo 9,7% all’11% del Pil.
E non fu colpa della spesa per interessi, come sostengono spesso molti difensori del lassismo fiscale negli anni Ottanta. Questa rimase stabile attorno al 7,5% del Pil, mentre a salire fu il disavanzo primario (differenza tra entrate e spesa) dal 2,2 al 3,4% del Pil.
Tornando alla spesa per interessi, la sua stabilità non inganni. Nel frattempo era crollata l’inflazione, passata dal 14,7% del 1983 al 4,8% del 1987. Questo ottimo risultato ottenuto dal governo Craxi rimarcò, tuttavia, che il costo implicito reale per servire il debito pubblico stesse esplodendo. In effetti, era al -0,7% nel 1983 e sarebbe salito al 5,1% nel 1987. Soddisfacente, invece, il tasso di crescita dell’economia, che in media sfiorò il 3% nel quadriennio.
Podio a rischio per governo Craxi
Dicevamo che il podio per il primo governo Craxi è a rischio. In ottobre il governo Meloni lo supererebbe in durata, un fatto che assegnerebbe le prime tre posizioni tutte al centro-destra in termini di longevità. E se l’attuale esecutivo durasse almeno un altro anno, salirebbe in primissima posizione. E questo la dice lunga sulla brevità cronica dei governi italiani. La stabilità in sé non è un valore se sfruttata male. E’ innegabile, però, che serva per guadagnarsi la fiducia dei mercati (vedi lo spread) e delle cancellerie internazionali. I risultati si portano a casa spesso non per bravura, quanto per il consolidamento dei rapporti con gli alleati stranieri.
Non fu un caso che il governo Craxi tentò una riforma costituzionale in senso presidenziale. Il premier socialista era un convinto sostenitore della necessità di garantire all’Italia stabilità e decisionismo, al fine di metterla alla pari con gli stati alleati. Una visione lungimirante che non si tradusse in fatti. Nessuno all’infuori del suo partito lo sostenne. In fondo, anche Craxi dovette governare con partiti e partitini della Prima Repubblica.
giuseppe.timpone@investireoggi.it