Attualmente, il sistema pensionistico italiano, prevede l’età pensionabile fissata a 67 anni, con 20 anni di contributi (in alcuni casi ne bastano anche 15).
Previste possibilità di uscita anticipata rispetto ai 67 anni. Ad esempio, Quota 103 consente di uscire dal mondo del lavoro con 62 anni di età e 41 anni di contributi. C’è anche la pensione anticipata ordinaria che consente il pensionamento senza guardare all’età anagrafica. In questo caso, tuttavia, servono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini ovvero 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne.
Pensioni, l’anticipo porta tagli
L’aumento dell’aspettativa di vita porterebbe ad aggiungere ulteriori 3 mesi agli attuali 67 anni.
Un passaggio che dovrebbe avvenire nel 2027. Il governo, ad ogni modo, si sta prodigando nel trovare le risorse finanziarie sufficienti per evitare questa transizione.
In attesa di capire se ci sarà il passaggio dell’età pensionabile a 67 anni e 3 mesi, intanto, i sindacati ci vanno giù duro su uno degli ultimi messaggi pubblicati dall’INPS.
Su tutti la CGIL. Il sindacato evidenzia come il Messaggio INPS n. 2491 del 25 agosto 2025 abbia confermato, in particolare per i dipendi pubblici, che tutte le pensioni anticipate erogate prima dei 67 anni subiranno pesanti riduzioni. Ciò a causa del taglio alla quota retributiva delle pensioni stabilito con la Legge di Bilancio 2024 (L. 213/2023).
La retroattività del provvedimento
Una scelta che non solo incide direttamente sull’importo degli assegni futuri, ma che solleva anche dubbi sul rispetto dei principi giuridici fondamentali.
La novità più discussa riguarda la natura retroattiva del provvedimento. Per la prima volta nella storia della previdenza italiana, le regole si applicano anche a posizioni contributive già consolidate.
Un precedente di grande rilievo, che non si era verificato nemmeno con la riforma Monti-Fornero, e che porta con sé un forte rischio di incostituzionalità. In sostanza, chi ha già maturato i requisiti per il trattamento anticipato dovrà fare i conti con un assegno ridotto, nonostante i contributi versati in passato.
Le conseguenze economiche
Le simulazioni effettuate dall’ufficio politiche previdenziali della Cgil mostrano con chiarezza la portata della misura. Gli effetti non sono marginali: i tagli variano in base alla retribuzione e all’anzianità contributiva, ma in ogni caso si traducono in migliaia di euro in meno ogni anno.
Per chi percepisce un reddito annuo di 30 mila euro, la riduzione oscilla da circa 927 euro a oltre 6.100 euro l’anno. Con una retribuzione di 50 mila euro, il taglio cresce e può arrivare fino a più di 10 mila euro. Nei casi di redditi più elevati, intorno ai 70 mila euro, la forbice si allarga ulteriormente, con penalizzazioni che toccano i 14.415 euro l’anno.
In termini complessivi, si stima che entro il 2043 saranno oltre 730 mila i lavoratori pubblici coinvolti. A regime, il risparmio per le casse dello Stato ammonterà a circa 33 miliardi di euro, ma il costo sociale sarà altissimo.
Taglio pensioni: un impatto diretto sui dipendenti pubblici
Il mondo del pubblico impiego, fa notare il sindacato, è il più colpito da questa scelta.
Già oggi il settore soffre contratti con retribuzioni considerate insufficienti e condizioni di lavoro spesso difficili. Ora si aggiungono nuove penalizzazioni sul fronte delle pensioni. Con un aggravio che rischia di minare la fiducia verso l’intero sistema previdenziale.
Non solo. Il provvedimento porta con sé un ulteriore allungamento dei tempi di uscita dal lavoro. Per i dipendenti pubblici le finestre di accesso alla pensione si allungano fino a nove mesi in più rispetto alla scadenza prevista. Ciò significa che, oltre al danno economico, si dovrà affrontare anche un periodo di permanenza più lungo sul posto di lavoro.
Riassumendo
- Età pensionabile fissata a 67 anni, con almeno 20 anni di contributi.
- Possibili uscite anticipate: Quota 103 e pensione anticipata ordinaria con requisiti diversi.
- Dal 2027 età pensionabile potrebbe salire a 67 anni e 3 mesi.
- INPS conferma tagli pesanti alle pensioni anticipate, soprattutto per dipendenti pubblici.
- Misura retroattiva: riduzioni anche per chi ha già maturato i requisiti.
- Tagli economici rilevanti: fino a 14.415 euro annui, colpiti 730mila lavoratori pubblici.