Il rebus pensioni sembra avviarsi verso una sua risoluzione. La mappa delle misure su cui sta lavorando il governo, e che appaiono in procinto di diventare provvedimenti concreti in ambito previdenziale, è ormai abbastanza chiara. Le novità principali riguardano l’introduzione di nuove combinazioni a 58, 62 e 64 anni.
Sono sostanzialmente tre i punti che potrebbero trovare spazio nella prossima Legge di Bilancio. Alcune misure, giudicate un flop in termini di adesioni, verranno eliminate a partire dal 2026. In particolare, con ogni probabilità, si dirà addio a Quota 103.
Su Opzione Donna, invece, si prevede un restyling, mentre verranno eliminate le discriminazioni tra contribuenti basate sulla data di iscrizione alla previdenza obbligatoria.
Infine, si apre la strada a una fusione tra previdenza obbligatoria e previdenza complementare, con nuovi strumenti di flessibilità in uscita.
Opzione donna 2026 rafforzata, si torna al passato?
Il rafforzamento di Opzione Donna è un’ipotesi emersa di recente, dopo alcune dichiarazioni del sottosegretario Claudio Durigon. Fino a poche settimane fa si parlava, invece, di una sua chiusura definitiva, poiché è stata una delle misure meno utilizzate in termini di adesioni.
Eppure, Opzione Donna resta uno scivolo previdenziale molto apprezzato da tante lavoratrici. Perché, allora, non provare a rilanciarla? La soluzione potrebbe consistere in un ritorno alle regole originarie, quando la misura era appetibile e conveniente per l’uscita, pur con il calcolo contributivo e quindi con un importo ridotto della pensione.
L’idea, dunque, sarebbe quella di confermare Opzione Donna anche per il 2026, eliminando i vincoli che ne hanno limitato la platea negli ultimi anni: non più soltanto invalide, caregiver, lavoratrici di aziende in crisi o licenziate, ma apertura totale alle uscite con 35 anni di contributi e 58 anni di età per le dipendenti (59 per le autonome).
Resterebbe l’obbligo del calcolo contributivo e la necessità di maturare entrambi i requisiti (anagrafico e contributivo) entro la fine dell’anno precedente alla domanda.
Pensioni e nuove combinazioni, dai 58 ai 64 anni passando per le uscite a 62 anni di età
Se Opzione Donna da misura da chiudere diventa misura da rafforzare, diverso è il destino di Quota 103, destinata alla chiusura per scarso utilizzo. Tuttavia, l’età di 62 anni resterà centrale, a condizione di aver maturato 41 anni di contributi.
In sostanza, con i requisiti di Quota 103, si potrà continuare ad andare in pensione, ma con una formula diversa: la nuova Quota 41 flessibile. Questa consentirà l’uscita a 62 anni con 41 anni di versamenti, ma con penalizzazioni più leggere.
Si passerà infatti dal pesante ricalcolo contributivo (che poteva ridurre l’assegno del 30% o più, soprattutto per chi aveva già 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995) a un taglio lineare del 2% per ogni anno di anticipo, fino a un massimo del 10%. Un correttivo che renderebbe la misura molto più sostenibile per i lavoratori.
La vera rivoluzione sono le pensioni a 64 anni di età del 2026
Parliamoci chiaro: Opzione Donna rafforzata e Quota 41 flessibile sono comunque vecchie misure riviste e corrette. La vera novità nella riforma pensionistica riguarda l’uscita a 64 anni, che potrebbe rappresentare una svolta epocale.
Si tratterebbe, infatti, di estendere a tutti ciò che oggi è possibile solo per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995. Il meccanismo includerebbe anche il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) e la pensione complementare, aprendo a una vera integrazione tra previdenza obbligatoria e integrativa.
Con 64 anni di età e 20 anni di contributi, si potrebbe accedere alla pensione se l’importo maturato fosse pari ad almeno tre volte l’assegno sociale. Un obiettivo non sempre raggiungibile con carriere brevi.
E qui entra in gioco la novità: permettere di colmare la differenza utilizzando il TFR maturato come rendita mensile oppure attivando la rendita di un fondo pensione integrativo. Un sistema che renderebbe più flessibili e sostenibili le uscite dal lavoro, aprendo nuove possibilità a migliaia di lavoratori.
