La data del rimborso di due obbligazioni PDVSA per oltre 2 miliardi di dollari si avvicina e per gli investitori si profila una settimana da cardiopalmo. Il Venezuela, che basa quasi interamente il proprio bilancio sulla vendita di petrolio, è da tempo alle corde a causa del perdurare dei bassi prezzi del greggio che limitano l’imput di valuta pregiata e fatica a onorare i pagamenti internazionali. Tuttavia finora il paese caraibico ha sempre rispettato le scadenze evitando il default. Pena l’abbordaggio dei creditori (leggasi fondi USA) alle più grandi riserve di petrolio al mondo passando per le concessioni esclusive della compagnia petrolifera statale Petroleos de Venezuela.

 

Finora, come detto, il Paese ha mantenuto fede ai propri impegni finanziari grazie anche all’apporto economico (e politico) fornito da Russia e Cina al presidente Nicolas Maduro, ma qualcosa sta cominciando a scricchiolare da quando Donald Trump ha imposto sanzioni al Venezuela boicottando gli investimenti in titoli di stato e bond di Caracas con la scusa che Maduro stia agendo contro gli interessi della popolazione venezuelana e contro i principi democratici sanciti dalla Costituzione.

 

Rendimenti bond Venezuela alle stelle

 

Al di là dello scontro politico internazionale, a tenere in fibrillazione gli investitori sono i rendimenti dei bond venezuelani che, complice anche il prezzo del petrolio che non riesce a risalire la china e la speculazione infarcita ad arte dai media, sono schizzati alle stelle. Il bond decennale con scadenza 2027 e cedola 9,25% prezza 35, mentre l’obbligazione PDVSA 5,375% stessa scadenza scambia a 27. Non si tratta di minimi storici, ma poco ci manca, fa notare un trader. Le vendite, dettate più che altro dal rischio di un crac delle finanze venezuelane (ufficialmente ci sono poco più di 10 miliardi di Usd nelle casse dello Stato),sono state causate anche dal mancato puntuale pagamento delle cedole di ottobre di due bond PDVSA, due bond Venezuela e il bond Electricidad de Caracas 8,50% 2018 per un totale di quasi 550 milioni di dollari.

Non sono state fornite spiegazioni ufficiali da parte degli emittenti, di fatto però si è entrati formalmente in quello che dagli addetti ai lavori viene chiamato “periodo di grazia” e che consente – come da regolamento – il pagamento degli interessi maturati entro i 30 giorni successivi alla data di stacco della cedola. Generalmente quando un emittente non paga le cedole alla data prestabilita, nove volte su dieci finisce in default. In questo caso, però, non si tratterebbe di un preludio al peggio, osservano gli analisti di Nomura Securities che ha investito massicciamente in PDVSA.

 

Il buy back sui bond PDVSA

 

Secondo gli esperti, il governo venezuelano sta sfruttando tutti i canali praticabili per contenere le spese del ammortamento del 33% sul bond PDVSA 8,50% 2020 (USP7807HAV70) e l’estinzione del prestito del bond PDVSA 8,50% 2017 (USP7807HAK16) per complessivi 2 miliardi di dollari il 27 ottobre e 2 novembre rispettivamente. Come? Utilizzando i soldi delle cedole non ancora corrisposte per acquistare a prezzi inferiori al valore di rimborso il capitale di prossima scadenza. Da notare che sul rimborso delle quote di capitale non è previsto l’utilizzo del periodo di grazia. Le cedole, invece, possono anche aspettare, vuoi per motivi tecnici, vuoi per convenienza.

 

Il mancato pagamento delle cedole

 

Questa pratica di buy back, già utilizzata altre volte in passato per rimborsare bond di prossima scadenza, ha permesso al Venezuela di contenere le uscite facendo leva sui prezzi bassi dei bond alimentati dalla paura generale del default. I prezzi dei bond PDVSA con scadenza 2020 viaggiano a quota 81, mentre quelli dei bond 2017 a 93-94 del valore nominale a pochi giorni dal rimborso e pur considerando tutte le difficoltà del momento, i prezzi non sono preludio – secondo il mercato – a uno stato di insolvenza.

A sostegno di questa teoria – sempre secondo gli analisti – vi sarebbe il fatto che le banche Venezuelane abbiano congelato temporaneamente i pagamenti delle cedole di emittenti diversi nel mese di ottobre, oltre al rimborso di un prestito internazionale nei confronti della Russia che verrà rinegoziato il prossimo 15 dicembre e per il quale Maduro sta già pensando di dare in pegno una quota di minoranza di Citgo (di proprietà di PDVSA) alla compagnia petrolifera Rosneft. Difficile quindi immaginare che la sospensione dei pagamenti sia l’anticamera di un default del Venezuela e delle sue aziende energetiche quando in scadenza ci sono solo due tranche di bond PDVSA.

 

Il Venezuela ha i soldi per pagare

 

Mai, comunque, vi è stata tanta incertezza e nervosismo fra gli investitori, data la combinazione di una serie di fattori negativi per il Venezuela: le sanzioni di Trump, il rallentamento dei pagamenti delle banche agentipagatrici statunitensi, la sospensione temporanea delle cedole, i prezzi dei bond in forte ribasso, la crisi sociale ed economica interna dopo l’istituzione dell’Assemblea Costituente da parte del Presidente Maduro e dopo il più recente risultato delle elezioni regionali condizionato (come sostiene l’opposizione) da brogli. Un mix micidiale per investitori e speculatori. Secondo Morgan Stanley, però, il Venezuela ha i soldi per onorare i pagamenti del 2017. Così come sostengono gli analisti di Torino Capital e ultimamente anche fonti Bloomberg. Recentemente, poi, scrive la Reuters, il Venezuela ha ottenuto 1,2 miliardi di dollari dalla conversione di parte delle riserve auree proprio per fronteggiare i pagamenti in scadenza questa settimana. Il problema sarà, capire per quanto tempo ancora Caracas potrà sostenere, anche con l’appoggio finanziario di Russia e Cina, il debito e i costi finanziari internazionali in assenza di una rinegoziazione coi creditori. Scenario che i bond governativi e di PDVSA a media lunga scadenza già scontano ampiamente.