Il primo giorno di collocamento del BTp Italia è andato bene, con 4 miliardi di euro raccolti dal Tesoro attraverso 110.000 adesioni di altrettanti risparmiatori domestici. Il successo dell’emissione dovrebbe essere garantita, ma questa non era la vera novità lanciata dal governo per offrire al mercato un nuovo strumento del debito pubblico su cui investire. Tant’è che stiamo discutendo della sedicesima emissione in otto anni di storia; nulla di inedito, un semplice bond con cedola legata all’inflazione. Invece, in estate dovrebbe debuttare un nuovo BTp, che stando ai rumors dovrebbe essere contraddistinto da una seconda “P” finale, che starebbe per “Pil”, prodotto interno lordo.

BTp maggio 2025: dati prima giornata e perché dobbiamo tifare per il successo

Si tratterebbe di un titolo a lunghissima scadenza (50-100 anni?), la cui cedola sarebbe variabile: una parte minima dovrebbe essere comunque garantita, un po’ come con il BTp Italia in corso di emissione si assicura all’obbligazionista l’1,4% all’anno; una seconda parte sarebbe legata all’andamento del pil, cioè dell’economia italiana. Lo scopo di questa nuova emissione sarebbe di ingolosire il mercato con uno strumento finanziario che nei fatti consentirebbe di scommettere sulla ripresa del Bel Paese nel medio-lungo periodo, guadagnandoci.

Non sarà facile trovare i criteri giusti per un’offerta al contempo allettante e reciprocamente conveniente. Da un lato, si rischia di essere troppo generosi con i sottoscrittori, tradendo la premessa alla base di questo nuovo bond, cioè quella di allungare la vita media del debito pubblico e di renderlo ancora più sostenibile. Dall’altro, si rischia il flop in assenza di un giusto incentivo per acquistarlo. In effetti, a farci caso non sarebbe granché conveniente oggi investire su un BTp legato alla crescita dell’economia italiana, dato che da quasi 30 anni cresciamo poco e niente, di certo molto meno che nel resto del mondo avanzato.

Come funzionerebbe il BTp “growth-linked”

Se l’aggancio della cedola fosse al pil reale, poi, come allettare i risparmiatori e gli istituzionali, i quali sanno che ci siamo presentati all’appuntamento con il Coronavirus, avendo alle spalle 4 punti da recuperare rispetto ai livelli di ricchezza prodotti nel lontano 2007? Questo imporrebbe al Tesoro di fissare una cedola minima garantita relativamente elevata, con il rischio che salga troppo negli anni positivi e che non consenta, comunque, al debito di scendere mai rispetto al pil. E l’aggancio avverrebbe a scaglioni o seguendo il pil secondo una linea continua?

Le caratteristiche di un BTp perpetuo per superare la crisi fiscale da Coronavirus

Immaginate che il Tesoro vi offra un BTp a 50 anni con cedola minima 1% e con un ulteriore 1% corrisposto per ogni anno di crescita del pil di almeno il 2% reale. Ebbene, sapendo che l’ultima volta che ciò è accaduto sia stato niente di meno che 20 anni fa, lo comprereste? Per il resto, dovremmo ammettere che si tratti di un “unicum” nel mondo avanzato. Sinora, di emissioni “growth-linked” ne sono esistite diverse presso le economie emergenti, in cui spesso i governi sono costretti a trovare il difficile compromesso tra attrazione dei capitali e sostenibilità dei debiti emessi. Anche la Grecia, con l’assistenza del Fondo Monetario Internazionale, provvide a emettere bond del genere dopo la ristrutturazione del debito nel 2012, ma in un paese ricco e in condizioni ordinarie non è ancora successo.

Inutile dire che l’Italia rischia il classico effetto boomerang, ovvero che i mercati accolgano un simile BTp come la riprova dell’insostenibilità del nostro debito pubblico, quasi un preannuncio della sua rinegoziazione per adeguarne i costi alla bassa crescita economica. Da qui, l’esigenza del Tesoro di studiare una formula convincente e al contempo conveniente proprio per sé stesso e in un clima rassicurante.

E non sarà un esercizio facile, data la scarsa fiducia che il sistema Italia riscuote in patria e, ancora di più, all’estero.

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